BOLOGNA — Va in scena il 4 e il 5 febbraio, al Teatro Celebrazioni di Bologna, “Peachum. Un’opera da tre soldi”, la pièce ispirata all’opera omonima di Bertolt Brecht che porta la firma di Fausto Paravidino, drammaturgo, regista e attore. Sul palco, accanto a Paravidino, ci sarà Rocco Papaleo. Questa è la prima volta che i due attori recitano assieme.
Stando alle parole di Fausto Paravidino, Peachum, re dei mendicanti e antieroe per definizione, è una «figura del nostro tempo più ancora che del tempo di Brecht, e dipende dal denaro senza neanche prendersi la briga di esserne appassionato». Nella pièce di Paravidino il testo politico e rivoluzionario di Brecht viene calato nella società contemporanea e Peachum diventa un rispettato e spregiudicato imprenditore che, da una parte, vende borse griffate ai ricchi per migliaia di euro, mentre dall’altra, contemporaneamente, gestisce un traffico di falsi nei bassifondi. Ma Peachum è e rimane anche, nell’opera di Brecht come in quella di Paravidino, un uomo al quale hanno portato via la figlia. Il viaggio che intraprende per ritrovarla, o meglio per recuperare il bene che gli è stato tolto, perché in fondo è di questo che si tratta, sarà segnato da avventure di vario genere e sfocerà in un’odissea degli ultimi, un’odissea nella quale si troverà a confrontarsi con paria e reietti della società ma soprattutto con lo spettro della miseria. Non tanto e non solo la miseria materiale quanto quella spirituale, la miseria di chi si vuole arricchire a tutti i costi come quella di chi ha paura di diventare povero.
In anticipo sulla prima bolognese, incontriamo Fausto Paravidino per una breve intervista.
*** INTERVISTA CON IL DRAMMATURGO, ATTORE E REGISTA FAUSTO PARAVIDINO ***
Partirei dal titolo: “Peachum. Un’opera da tre soldi”. Quanto è rimasto di John Gay e quanto invece di Brecht?
Di John Gay praticamente nulla, c’è giusto l’idea. Di Brecht il nome dei personaggi e la trama. Abbiamo letto — parlo al plurale perché il lavoro è frutto di una riflessione collettiva — l’opera di Brecht un po’ pigramente (ridiamo). Abbiamo mantenuto la trama molto essenziale e i nomi dei personaggi, che sono gli stessi. Poi anche un aspetto che nella storia del teatro è molto vissuto, anche se sicuramente poco originale: cioè la vicenda di un padre che si oppone allo sposalizio della figlia. Abbiamo collocato il tutto all’interno di un sistema capitalista, facendo un ampio uso della musica. Questi sono i tre elementi dell’Opera di Brecht che noi abbiamo mantenuto.
Per quanto riguarda la parte musicale quali scelte avete operato?
Per la parte musicale non abbiamo conservato niente dell’originale. Abbiamo solo voluto che ci fosse della musica. Sicuramente manca Kurt Weil ma abbiamo dovuto studiare e cercare come poter portare avanti un lavoro che già nel titolo porta la parola “opera” e cercare di capire cosa questo vorrebbe dire oggi. Per Brecht, l’idea di fare un’opera per il teatro musicale coincideva con una ricerca di fare un teatro popolare. E quindi ho mantenuto di fondo lo stesso significato, cioè ho cercato di adattare l’idea di teatro popolare di allora ma trovando una corrispondenza con l’idea di teatro popolare di adesso. Abbiamo mantenuto l’impianto di usare la musica come un canale di avvicinamento, inserendo quindi i generi che più ci piacciono, come ad esempio il rock, all’interno di un teatro di prosa.
Eh ma allora, anche senza volerlo, non siete caduti forse nella trappola di John Gay? Lui auspicava un teatro musicale popolare in opposizione all’opera italiana o a quella di Händel. Quali altri interventi sono stati fatti?
Be’, c’è un’avventura ambientata ai giorni nostri. Siamo partiti dall’Opera e l’abbiamo rapportata ai giorni nostri e Peachum, che è il re dei mendicanti, fa il capitalista con il “culo” degli altri! Nel nostro caso Peachum è uno che sfrutta i migranti. È a loro che lui rifila i borsoni pieni di borse griffate da vendere. Mentre in altre parti della città più rispettabili Peachum vende nei negozi le borse di Louis Vuitton a 2.500 €. Giochiamo sul fatto insomma che lui abbia questo doppio mercato.
L’opera continua quindi ad essere uno specchio rivolto al sociale.
Siamo partiti da questa visione di mercante e di mercato, nella quale il male e il bene si incontrano e si confondono, perché la legge di mercato, che è quella che governa la società nella quale stiamo vivendo, non dà spazio per altre leggi se non in maniera velleitaria. Non esiste più un dibattito sulla bontà.
Ma forse è un dibattito fine a sé stesso: laddove vengono risolti prima tutti i problemi essenziali.
Certo se mangi tutti i giorni, sì.
Un’opera scritta a più mani cosa comporta, eravate tutti alla pari? Il testo reca comunque la firma di Fausto Paravidino. E il teatro si sa, non è democratico.
Certo! Io sto cercando sempre di collaborare con gli attori, amo un teatro più aperto che colga più punti di vista e che sia aperto ad anime diverse. C’era un regista che amavo molto che un giorno chiese alla compagnia che gli stava presentando un progetto chi curasse la regia. Gli attori risposero che pensavano di farla tutti insieme. Lui rifiutò di lavorare con loro in quanto sosteneva che il teatro fosse il sogno di uno solo. Io non sono per niente d’accordo con questa visione. Il teatro ha un palcoscenico molto largo, a differenza del cinema che ha un occhio solo, credo che se la collettività è più numerosa sia meglio, mantenendo sempre un equilibrio. Ovviamente per comodità e praticità, io ho scritto da solo e scrivo da solo. Ho trovato dei buoni compagni di viaggio, anche molto pazienti con cui ho dei buoni rapporti. E negli ultimi anni ho cercato di aprire dei progetti di scrittura attraverso laboratori per avere dei confronti aperti con le persone con cui io lavoro.
Quindi bisogna saper giocare in squadra.
Be’ ci proviamo!
E quanto tempo avete impiegato prima di dire: “basta, il lavoro va bene così!”?
Un anno e mezzo.
BIGLIETTI ON LINE QUI o presso la biglietteria del teatro.
INFO
Peachum. Un’opera da tre soldi di Fausto Paravidino
Ispirata a personaggi e situazioni de L’Opera da tre soldi di Bertolt Brecht
Venerdì 4 e Sabato 5 Febbraio 2022 ore 21:00
al Teatro Celebrazioni di Bologna via Saragozza 234, BOLOGNA
con Rocco Papaleo, Fausto Paravidino
e con in (o.a.) Federico Brugnone, Romina Colbasso, Marianna Folli, Iris Fusetti, Daniele Natali
regia Fausto Paravidino