Disco-Grafica: dal vinile ai videoclip passando per 50 anni di storia della musica Musica da ascoltare ma anche musica da vedere. Le copertine sono state il primo punto di contatto dell'artista col suo pubblico e custodiscono ancora oggi storie che, a saperle leggere, ci parlano non solo del singolo artista o del singolo gruppo ma raccontano involontariamente la storia dell'intera industria musicale, dei generi, delle mode e in definitiva del mondo dal dopoguerra ai giorni nostri

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Discografica

SPECIALI – Vinile? Copertine? Roba da collezionisti. In un’epoca che fa del video il suo oggetto di culto, abbiamo pensato di fare un viaggio a ritroso nel tempo alla scoperta delle radici del rapporto tra la musica e la sua prima controparte visiva, la grafica. Un percorso lungo oltre cinquant’anni, non facile da sintetizzare, di cui proponiamo un primo excursus che ci riporta ai tempi lontani in cui tutto è iniziato, dalle cover della mitica Blue Note alla psichedelica Sgt Pepper’s dei Beatles, passando per Elvis, il Rock, Modugno e SanRemo.

Per quanto la musica sia una forma d’arte legata al senso dell’udito, è innegabile che nel corso degli anni, grazie anche alla diffusione di internet e dei social network, sia diventato sempre più fondamentale non solo ascoltare ma anche “vedere” la musica. Non a caso oggi il successo di un artista si misura non tanto, come una volta, dalle sole vendite dei dischi ma in larga parte, e soprattutto, in funzione delle visualizzazioni che i singoli brani in forma di videoclip ottengono in rete.

Siamo giunti all’estremizzazione di un concetto nato negli anni 80, quando la storica MTV instaurò un primo filo diretto a livello visivo tra l’artista e il proprio pubblico attraverso la diffusione televisiva dei videoclip. Se oggi internet e i social network hanno sostituito la TV come mezzo di comunicazione musicale, va ricordato che prima della televisione e prima che “Video killed the radio stars”, toccava alle copertine dei dischi instaurare il contatto visivo finalizzato alla vendita del prodotto e creare l’unico legame fisico tra musicista e ascoltatore. Le copertine hanno una storia lunghissima che parte dai primi rudimentali tentativi di dare un semplice involucro al supporto sonoro in vinile, fino a trasformarsi in perfetto mezzo di comunicazione, vivendo eclettiche trasformazioni derivate non solo dall’evoluzione del supporto stesso (disco, stereo 8, musicassetta, compact-disc, etc) ma anche dal mutare della società in termini di gusto, linguaggio, tecnologia e comunicazione. In pratica sulle copertine è involontariamente impressa la storia del mondo dal dopoguerra ad oggi.

Sonny Rollins - Vol.1
BLUE NOTE (Copertina) – Sony Rollins 1942

La prima etichetta discografica che intuì le potenzialità commerciali della copertina di un disco fu la Blue Note, specializzata in musica jazz e blues, che aveva nel duo Reid Mils e Francis Wolff i pionieri di un linguaggio innovativo capace di giocare non solo con il forte contrasto dei colori ma anche con i tagli particolari delle fotografie. La scelta fu in parte obbligata, in quanto il nascente rock n’ roll rischiava di sottrarre acquirenti al pubblico dell’etichetta americana che, per calamitare a sé nuove attenzioni, creò un’identità grafica così forte da risultare tutt’ora riconoscibile, influenzando gran parte della produzione grafica blues successiva anche in virtù di pubblicazioni legate a grandi nomi come Sonny Rollins, Hank Mobley e Louis Armstrong.

Questo non fermò in ogni caso l’avanzata del rock che aveva in Elvis Presley il suo principale interprete.

Elvis Presley - Christmas Album
Elvis Christmas Album (RCA) – Elvis Presley, 1a stampa 1957

L’artista di Memphis ha un ruolo fondamentale nella storia della comunicazione musicale in quanto ha dato vita al primo vero fenomeno di massa di livello mondiale, creando attorno a sé non solo una pionieristica industria musicale (con tanto di gadgets) ma imponendo uno stile così marcato in termini di canto, abbigliamento e movenze da divenire ben presto il simbolo di un intero genere. Elvis Presley diede uno scossone anche alle stagnanti scene europee, portando quella novità che fece andare in crisi la musica melodica. L’Italia non ne rimase estranea, tanto che se Bobby Solo riprendeva l’artista americano attraverso la vocalità, il suo amico Little Tony amava citarne abbigliamento, trucco e parrucco, pur offrendo uno stile di canto più personale e aggressivo. La passione di Tony per Elvis era espressa anche attraverso le copertine dei dischi: la sua “T’amo e t’amero’” ad esempio è un chiaro riferimento ai primi album di “The Pelvis” usciti nella seconda metà degli anni 50.

Erano anni di grande trasformazione in Italia, la musica melodica con i primi Sanremo offriva perlopiù testi banali e provinciali, le copertine dei 45 giri erano illustrazioni senza pretesa; quando però da oltre oceano arrivarono nei juke box dei bar italiani i primi brani di blues e rock n’ roll, i giovani cominciarono a desiderare altro, qualcosa che fosse più vicino alla loro età e di questo l’industria discografica prese subito atto. L’Italia era ormai in piena ripresa economica e il fatto che sempre più famiglie investissero anche in beni di consumo, e non più solo in beni di prima necessità, permise la nascita di una comunicazione pubblicitaria che invase strade, giornali, radio e televisione, facendo da megafono alla scena musicale che divenne quindi un’industria a tutti gli effetti, sospinta dai nascenti festival canori (Sanremo, Cantagiro e Zecchino d’oro su tutti) trasmessi in televisione. Nel 1954 i dischi venduti sfioreranno i 10 milioni di pezzi, una cifra mostruosa per l’epoca.

Dagli insegnamenti di Tony Williams prendeva ispirazione Tony Dallara che inaugurò, nella seconda metà degli anni ’50, la stagione degli “urlatori” e della ribellione dei giovani musicisti agli schemi obsoleti della musica italiana: Celentano, Mina, Buscaglione e Peppino Di Capri segnarono il solco con il passato.

Nel blu dipinto di blu (DECCA) - 45 giri, Vinile Azzurro

La storia cambiò nel 1958, quando Domenico Modugno pubblicò “Nel blu dipinto di blu”, il primo brano italiano a divenire una hit di livello mondiale, tutt’oggi amata e cantata in ogni continente. Modugno rivoluzionò non solo la scena musicale, con il suo modo di comporre e di cantare, ma aggiornò anche il linguaggio grafico, visto che fu tra i primi in Italia a inserire il proprio volto in copertina, superando la consuetudine delle copertine illustrate dell’epoca con un montaggio grafico che richiamava le storiche copertine della Blue Note e coinvolgeva anche il supporto sonoro (il vinile era colorato d’azzurro). Modugno dimostrò che un disco poteva coinvolgere e rendersi accattivante non solo per la propria sostanza ma anche per la forma, visto che la copertina costituiva il primo “incontro” materiale tra artista e ascoltatore. L’evolversi delle tecniche fotografiche aiutarono questa intuizione, tanto che per quasi un decennio le copertine musicali, da allora in poi, offrirono quasi ed esclusivamente fotografie dei musicisti.

In Italia da quel 1958 l’industria musicale crebbe a dismisura, tanto che l’anno seguente la prima hit-parade (esistente negli Stati Uniti sin dal 1936) sancì l’affermarsi di nuovi artisti che cantando tematiche di anticonformismo attraevano i ragazzi. Fu così che nei primi anni 60 si andò affermando la “Beat Generation”, che spostò la figura dell’artista musicale dal cantante al gruppo: nacquero band come i Pooh, Nomadi, Equipe84, Dik Dik; realtà che attingendo stilisticamente dall’estero offrivano un’immagine che piaceva ai più giovani, attratti dai nuovi tagli di capelli, dalle giacche con le frange come dai pantaloni a zampa di elefante. L’immagine era sempre più importante sebbene le copertine dei dischi non brillassero per originalità e anche i brani, dopotutto, seguissero la stessa sorte. Prima che grandi parolieri come Mogol e Battisti collaborassero con queste band, le etichette offrivano al pubblico le cosiddette “cover”, cioè arrangiamenti “italiani” di grandi successi esteri, forti del fatto che la radio pubblica e la carente conoscenza della lingua inglese potessero far risultare “nuovi” brani di fatto già affermati all’estero. Solo negli anni 70 si vedrà l’abbandono della “cover”, in concomitanza con l’affermarsi delle radio libere e l’avanzare dei gruppi pop con una propria produzione musicale.

Figlie della sempre crescente musica estera che le radio diffondevano tra i ragazzi, tanto da vedere ospitati nei maggiori club italiani (il Piper su tutti) grandi nomi come Pink Floyd e Jimi Hendrix, le copertine seguiranno questo cambiamento abbracciando o lo stile ipnotico e surreale della scena psichedelica e progressive (della quale Thorgerson e Whitehead furono grandi esponenti) o rifacendosi agli stili imposti dall’affermarsi delle religioni orientali. La grafica dà ancora una volta al pubblico ciò che il pubblico vuole e assistiamo così ad un tripudio di illustrazioni geometriche e variopinte, disegni floreali dai colori acidi, fantasiosi caratteri di scrittura, glifi e icone care alla cultura indiana e mussulmana (come nel caso di “Axis: bold as love” di Hendrix).

The Beatles, Sgt Pepper's

Frank Zappa, We're only in it for the money (VERVE Records), 1968 (progetto grafico)

Seguace della filosofia indiana fu George Harrison, il chitarrista dei Beatles che con il quartetto di Liverpool riscrisse per sempre la storia della musica e della grafica musicale.

I Fab Four erano negli anni 60 il più grande fenomeno musicale del mondo e nel 1967, quando diedero alla luce “Sgt. Pepper’s lonely hearts club band”, finirono per porre le basi di ciò che sarebbe stata la musica nei decenni a seguire, non solo a livello sonoro ma anche in termini di comunicazione, tanto che si può tranquillamente asserire che con questo album nacque la grafica moderna, suggerendo non solo la continua elaborazione del packaging della confezione, che confluirà nelle meravigliose gimmick covers degli anni 70 (copertine con particolari inserti e lavorazioni del cartone, particolarmente ricercate e di valore, ndr), ma trasformando definitivamente il disco in un prodotto commerciale costruito per attirare, vendere e influenzare. I fiori, il tema della pace e della libertà, i colori acidi in riferimento all’uso di droghe che trovano posto nella copertina di Peter Blake si insinueranno nella memoria collettiva tanto da ispirare tutta la musica (e la grafica) successiva, anche talvolta in forma di sfacciati omaggi come nel caso di “We’re only in it for the money” di Frank Zappa. Nacque così anche in ambito musicale il primo vero Star System: la Beatles Ltd., una macchina perfetta che sposando comunicazione, immagine e prodotto porrà da quel momento in avanti la copertina al centro di ogni progetto discografico.

Questo almeno fino alla metà degli anni 2000 quando, come detto all’inizio, il crescente affermarsi di internet e dei social network, costringerà la comunicazione a sostituire l’immagine prettamente grafica, statica e bidimensionale, delle copertine con quella più richiesta, più immediata e di largo consumo del videoclip.

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