SPECIALE NATALE – Viaggio alla scoperta delle origini di una festa che di fatto è più laica e misteriosa di quanto si pensi. E che nasconde al suo interno tracce indelebili di un passato antico, in cui il tempo era ciclico e non lineare e l’avvento della luce subordinato a quello delle tenebre.
Albero di Natale, luci, luminarie, strade vestite a festa, scambi di auguri, doni, regali. Per non parlare di strane figure che viaggiano nella notte a cavallo di una scopa ed altre che girano su slitte trainate dalle renne ed entrano in casa dal camino il giorno della vigilia.
Cosa ha a che fare tutto ciò col Natale? O almeno col Natale nella sua accezione di principale festa religiosa dell’emisfero occidentale, così come oggi noi tutti la intendiamo? Forse poco, forse tutto o forse niente. Perché a ben guardare nel Natale confluiscono da sempre molteplici visioni, spesso contraddittorie o quanto meno ambivalenti, più legate al folklore e alla tradizioni popolari che non alla fede.
Per capire meglio ne parliamo con l’antropologo e scrittore Eraldo Baldini, autore con Giuseppe Bellosi di Tenebroso Natale. Il lato oscuro della grande festa, edito da Laterza.
*** Intervista allo scrittore e antropologo Eraldo Baldini ***
Partirei dal titolo del vostro saggio, “Tenebroso Natale. Il lato oscuro della grande festa”. Un titolo che è di per sé un ossimoro, un paradosso che sembra fare a pugni con sé stesso. Cosa possiamo dire al riguardo?
Intanto “tenebroso” è in riferimento alla luce. La festa viene istituita per celebrare il solstizio d’inverno, per chiudere il periodo più buio dell’anno, buio nel senso che i giorni sono sempre più corti e si entra nell’inverno, quello più tosto. E tutta l’umanità è in attesa di questa inversione di tendenza cui i giorni ricominciano ad allungarsi. Quindi questa è una strettoia, un momento cruciale all’interno di un tempo che una volta era vissuto come ciclico. Noi oggi abbiamo un’idea lineare del tempo ma per le società del passato, che si basavano soprattutto su attività agrarie ed erano in una vicinanza molto stretta con i cicli cosmici e naturali, il tempo era visto come qualcosa che si riavvolge sempre su sé stesso e, ogni anno, ripercorre le stesse tappe con scansioni e feste. Quella del solstizio è sempre stata probabilmente la festa principale proprio perché segnava una manifestazione più chiara del mito dell’eterno ritorno. Ogni cosa finisce, come la vitalità del sole a fine anno. E poi si ricomincia da dove si era finito. Quindi la festa è di tempi immemori. Probabilmente di decine di migliaia di anni sono le prime osservazioni dell’uomo. In seguito questa festa viene, in qualche modo, mutuata da tutti i calendari che si succedono dall’antichità in avanti. Lo stesso Cristianesimo, nel momento in cui celebrava la nascita mitica, pone la festa della nascita di Cristo nella notte tra il 24 e il 25 di dicembre, proprio nei giorni in cui si celebrava il solstizio. Ma quando sia nato Gesù non si sa.
Per questo non tutti i cristiani celebrano il Natale: alcune frange protestanti, molto aderenti alle Scritture, certamente non lo festeggiano.
Questo non avviene solo col Natale: quando cambia la religione dominante, quasi mai si fa tabula rasa del passato, si cerca di favorire il passaggio dalla vecchia alla nuova religione, mantenendo una serie di date celebrative e mantenendo filoni e contenuti anche perché le vecchie date celebrative si basano, in ogni caso, su scansioni molto concrete del calendario cosmico e naturale. Con l’avvicendarsi di solstizi, equinozi, caldo e freddo, semina e raccolti. I calendari nascono per scandire il tempo materiale oltreché spirituale. Quindi questa data è rimasta. Leggendo i Vangeli, o qualsiasi testo sacro, non esiste la testimonianza che ci dice in che giorno è nato effettivamente Cristo. Anzi! Leggendo fra le righe si può intuire che sia nato in un periodo e in condizioni climatiche più miti, però la motivazione della festa (la natività di Cristo ndr) è dovuta al fatto che era festa già prima. E probabilmente lo era da sempre.
E. Baldini, G. Bellosi, LATERZA (2015). BUY NOW!
____
Perché certe tradizioni permangono malgrado le nuove definizioni? È colpa dell’uomo attaccato a ciò che è terreno o è del Padre Eterno che ci ha forgiato con la creta?
Penso che il motivo sia quello che già ho espresso prima: le antiche feste che maggiormente ci interessano e ci segnano non sono poste a caso, sono poste in momenti cruciali ed è naturale: è sempre esistita l’alternanza buio/luce, bella/brutta stagione, primavera/autunno. Queste sono scansioni che essendo terrestri, ovviamente, non possiamo mancare di avvertire. Inoltre queste feste sono così antiche da essere ormai, si può dire, entrate a far parte di un nostro DNA culturale. Io penso che esista un DNA culturale oltre a quello biologico, tutti avvertiamo che la festa solstiziale, declinata con Natale, Capodanno ed Epifania, segna uno spartiacque nel tempo perché l’uomo moderno, che vive principalmente una condizione di tempo lineare, non può fare a meno di vivere (anche ndr) una condizione di tempo ciclico. Questo è nella natura delle cose. Del resto la stessa cristianizzazione ha mantenute entrambe queste dimensioni, perché il tempo del cristianesimo, se è lineare da una parte, perché ha inizio con la Creazione e ha una fine con l’Apocalisse e il giudizio universale, allo stesso tempo è un tempo ciclico perché le grandi feste cristiane non sono semplicemente celebrazioni ma riattualizzazioni. Cioè, non è che noi ogni anno celebriamo il compleanno di Gesù ma ne estrapoliamo la nascita, la morte e la resurrezione come se avvenisse ora, e ogni anno è così. Una concezione di ciclicità c’è, e questo è intrinseco nell’uomo, perché l’uomo è spaventato dal tempo che finisce. Il tempo lineare ha un inizio e una fine. Il tempo ciclico non spaventa perché è qualcosa che ritorna.
Infatti le civiltà più legate all’agricoltura, diversamente da quelle industriali, sono meno spaventate di fronte alla morte, si dice.
Sì, sono meno spaventate di fronte alla morte anche per un altro motivo che si riallaccia poi al titolo “tenebroso”. Nelle grandi feste si pensava che i morti potessero tornare, ancora temporaneamente, fra i vivi. E questo, il culto dei morti insieme al mito dell’eterno ritorno, è uno dei due pilastri fondanti di tutte le antiche culture religiose di cui rimangono poi elementi in ciò che noi oggi chiamiamo folklore. Infatti il libro “Tenebroso Natale”, che ho scritto insieme a Giuseppe Bellosi per Laterza, si dilunga su questo aspetto. Le gradi feste erano anche “manistiche”, cioè si celebravano i morti che venivano accolti, nutriti e onorati; in cambio, essendo loro i numi tutelari della famiglia e della comunità, si chiedeva loro di vegliare sui vivi e di proteggerli. Uno scambio mitico, religioso, questo, che è stato alla base di tutte le forme di religiosità antica, europea e non solo. Inoltre, in virtù del mito dell’eterno ritorno per cui tutto nasce, cresce, declina, muore ma poi ritorna, ecco che la percezione della morte, in quelle società, era meno spaventosa. Perché si pensava che anche la morte dell’uomo, come quella di tutte le cose vive e dinamiche nel cosmo e nella natura, non fosse un annullamento definitivo dell’esistenza ma fosse solo un’assenza, una collocazione in un’altra dimensione parallela, in attesa di un ritorno attraverso poi, quasi sempre, la nascita dei propri discendenti. D’altronde tutto segue questo ciclo: lo fa il ciclo giornaliero del sole che nasce, si alza in cielo e poi tramonta, lo fa il ciclo annuale del sole, lo fa la luna, tutto ha questo eterno ritorno secondo un ambito circolare e perpetuo. È più rassicurante rispetto alla trascendenza delle religioni monoteistiche, per le quali la morte comunque presuppone immediatamente un giudizio e una possibile condanna che certamente pone qualche preoccupazione di più, perché si svincola dal tempo circolare e diventa, questa sì, improntata su di un tempo lineare, oscuro e difficile.
Lei festeggia il Natale?
Il Natale lo festeggio, non solo come festa cristiana, ma come momento che da tempo immemorabile segna il dipanarsi del tempo cosmico, quindi mi sento molto vicino a queste considerazioni e ai cicli della natura. Sono un pochino pagano! (ridiamo). Se pensiamo a come festeggiamo il Natale, i simboli, l’albero e le luminarie di cristiano non hanno niente. Sentiamo che c’è qualcosa di più grande e più antico. Oggi, secondo me, abbiamo perso un pochino la capacità di distinguere tra tempo sacro e tempo profano, la maggior parte della gente non distingue più il tempo del lavoro e il tempo libero e non ha più il senso della sacralità del movimento cosmico dell’esistente. E questo ci rende un po’ meno capaci di capire tutta l’importanza e la magia delle scansioni del calendario.
INFO
E. Baldini e Giuseppe Bellosi
Tenebroso Natale. Il lato oscuro della grande festa
LATERZA (5 novembre 2015)
Collana: Economica Laterza
Lingua: Italiano
ISBN-10: 8858115635
ISBN-13: 978-8858115633
Copertina flessibile: 283 pagine
BUY NOW