Caravaggio e Artemisia: la sfida di Giuditta. Violenza e seduzione nella pittura tra Cinquecento e Seicento A Palazzo Barberini, fino al 7 marzo 2022, è di scena Giuditta, l'eroina biblica che decapita il tiranno Oloferne. In mostra il grande capolavoro di Caravaggio, a confronto con la raffigurazione omonima di Artemisia Gentileschi e altre 30 opere dell'epoca, di grande formato e grande valore artistico.

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Caravaggio. Giuditta decapita Oloferne

ROMA — Inaugurata il 28 novembre a Palazzo Barberini rimarrà aperta al pubblico fino al 7 marzo 2022 la mostra Caravaggio e Artemisia: la sfida di Giuditta. Violenza e seduzione nella pittura tra Cinquecento e Seicento. Un affascinante confronto tra diverse rappresentazioni (e percezioni) dello stesso tema da parte di grandi artisti dell’epoca, con un focus particolare sul confronto tra Caravaggio e Artemisia Gentileschi.

È una strana storia quella che avvolge il dipinto Giuditta e Oloferne di Michelangelo Merisi detto Caravaggio (1571/1610), a cui le Gallerie Nazionali di Arte Civica di Palazzo Barberini dedicano una grande mostra tra novembre e marzo 2022, ponendolo a confronto con rappresentazioni pittoriche elaborate da diversi artisti coevi del Merisi sullo stesso tema. La tela, tra le più famose e acclamate del Caravaggio, raffigura Giuditta nell’atto di uccidere Oloferne, il tiranno, e risulta rivoluzionaria per potenza della rappresentazione e forza emanata dai protagonisti. Ci vorrà però una donna, Artemisia Gentileschi, per calarsi completamente nei panni dell’eroina biblica e sovvertire definitivamente i canoni tradizionali della sua raffigurazione.

GIUDITTA E OLOFERNE DI CARAVAGGIO. LA STORIA

Giuditta e Oloferne fu commissionata nel 1599 a Caravaggio dal banchiere ligure Ottavio Costa, che sviluppò poi una gelosia talmente morbosa per la famosa tela da tenerla per tutta la vita coperta da un drappo di seta, vietandone a tutti la visione e a maggior ragione la riproduzione. Non pago, dispose anche che dopo la sua morte fosse impedito il suo trasferimento a terzi in qualsivoglia forma, se non ai suoi diretti successori. Dell’opera si persero quindi le tracce fino al 1951, anno in cui Pico Cellini, uno dei massimi restauratori del Novecento, dopo aver visitato la prima grande mostra dedicata a Caravaggio e ai pittori caravaggeschi allestita a Milano a Palazzo Reale da Roberto Longhi, ricordò di aver visto la tela in un palazzo romano e la ricollegò allo stile cararaggesco.
Risalito al dipinto, che fino ad allora era stato attribuito ad Orazio Gentileschi, Cellini riuscì a fotografarlo e ne inviò l’immagine a Roberto Longhi, il quale attribuì immediatamente l’opera a Caravaggio, correggendo l’errore che la voleva realizzata dal Gentileschi. Non solo. La mostra dedicata a Caravaggio e organizzata da Longo fu prorogata appositamente per poter esporre l’opera.

A settant’anni dal suo ritrovamento e a cinquant’anni dall’acquisizione da parte dello Stato italiano, la mostra a Palazzo Barberini ci illustra come, per quanto segregata dal suo possessore, l’opera non passò comunque sotto completo silenzio, riuscendo a bucare il muro di oscurantismo in cui rimase avvolta per tanto tempo.

Costa riuscì infatti ad impedire la realizzazione di copie seicentesche della Giuditta di Caravaggio, evento raro, ma non potè fermare la fuga di notizie sul quadro e la sua visione, che suscitò grande scalpore. Di rappresentazioni di omicidi così efferati in pittura ne circolavano pochi, e la grande novità del dipinto caravaggesco consiste nella scelta registica di Caravaggio, che permette allo spettatore di assistervi da vicino, di osservare i gesti e le emozioni dei protagonisti, raffigurati in una scena di una violenza inaudita, giustamente paragonata alle sacre rappresentazioni o al teatro shakespeariano.

Artemisia Gentileschi, Giuditta e Oloferne, Napoli, Museo Nazionale di Capodimonte
Artemisia Gentileschi, Giuditta decapita Oloferne (DETTAGLIO), 1612 circa, olio su tela, cm 159×126. Napoli, Museo e Real Bosco di Capodimonte.

LA GIUDITTA DI CARAVAGGIO E LA GIUDITTA DI ARTEMISIA

Accanto al capolavoro di Caravaggio, rivoluzionario per la sua potenza espressiva, troviamo in mostra a Palazzo Barberini sullo stesso tema anzitutto l’opera di Artemisia Gentileschi, che porta a compimento la rivoluzione caravaggesca sul versante femminile.

“Caravaggio si immedesima in Oloferne, per interrogarsi su cosa accade nel momento della morte. Artemisia da donna si immedesima invece in Giuditta”, afferma la curatrice Maria Cristina Terzaghi, “non sappiamo se la pittrice vide la tela di Caravaggio ma di certo le arrivò la sua eco inarrestabile. Per Caravaggio Giuditta è un’eroina intenta nella sua missione, come si vede dalla fronte corrucciata e dallo sguardo concentrato mentre compie la volontà di Dio. Questo non c’è in Artemisia: nella sua tela emerge la preoccupazione di come una donna possa uccidere un condottiero. Poi c’è la differenza della serva accanto a Giuditta: in Caravaggio è una donna anziana, a contrasto con la bellezza della protagonista, due opposti che si esaltano a vicenda. Artemisia invece rappresenta una serva giovane, forse rievocando il suo drammatico vissuto personale. Dopo lo stupro subito da Agostino Tassi, l’artista infatti accusò l’amica Tuzia di non averla aiutata. Di certo, le due tele sono accomunate dall’idea dell’acme dell’azione che costruisce la storia e il suo racconto. In questo Artemisia è caravaggesca”.

Accanto a questi due capolavori, completano l’esposizione altre 30 opere sullo stesso tema – quasi tutte di grande formato – provenienti da importanti istituzioni nazionali ed internazionali quali, fra le altre, la Galleria Corsini e Galleria Palatina di Firenze; il Museo del Prado e il Museo Thyssen di Madrid; le Gallerie d’Italia Palazzo Zevallos Stigliano, il Museo di Capodimonte di Napoli; la Galleria Borghese di Roma; il Kunsthistorisches Museum di Vienna; il Museo di Oslo.

Judith (oil on canvas) by Valentin de Boulogne, (1594-1632); Musee des Augustins, Toulouse, France; Giraudon; French, out of copyright

IL PERCORSO ESPOSITIVO

La mostra è suddivisa in quattro sezioni.
La prima, Giuditta al bivio tra Maniera e Natura, ci illustra le prime avvisaglie di una nuova rappresentazione del tema, col passaggio ad una raffigurazione più violenta del momento in cui l’eroina è coinvolta. Tra gli autori del ‘500 esposti troviamo Pierfrancesco Foschi, Lavinia Fontana, Tintoretto e un seguace di Bartholomeus Spranger.
Nella seconda sezione, Caravaggio e i suoi primi interpreti, tutto ruota attorno alla tela “Giuditta che decapita Oloferne” del Merisi, con la sua forza evocativa e il suo potere di rottura: la scena è incentrata su un vero e proprio omicidio per decapitazione
Nella terza, Artemisia Gentileschi e il teatro di Giuditta, vediamo il tema sviluppato nelle variazioni delle opere di Artemisia e Orazio Gentileschi; padre e figlia infatti si cimentarono più volte su questo argomento. Inoltre sono esposti lavori di Giovanni Baglione, Johan Liss, Bartolomeo Manfredi, Pietro Novelli, Mattia Preti, Giuseppe Vermiglio e del raro Biagio Manzoni, una delle novità della mostra.
La quarta e ultima sezione, Le virtù di Giuditta. Giuditta e Davide, Giuditta e Salomé, è dedicata al confronto tra il tema di Giuditta e Oloferne e quello di Davide e Golia, accomunati dalla lettura allegorica della vittoria della virtù, dell’astuzia e della giovinezza sulla forza bruta del tiranno che finisce decapitato. La decapitazione è alla base anche del testo evangelico del martirio di Giovanni Battista, tanto che il tema di Salomé viene spesso confuso nella raffigurazione pittorica con quello di Giuditta. In mostra le opere di Valentin de Boulogne, della bottega di Giovanni Bilivert e di Francesco Rustici.

Jacopo Robusti detto il Tintoretto (bottega di): (Venezia, 1518 - 1594), Giuditta e Oloferne, olio su tela, cm 188x251. Madrid, Museo Nacional del Prado, © Photographic Archive Museo Nacional del Prado, Madrid
Jacopo Robusti detto il Tintoretto (bottega di): (Venezia, 1518 – 1594), Giuditta e Oloferne, olio su tela, cm 188×251. Madrid, Museo Nacional del Prado, © Photographic Archive Museo Nacional del Prado, Madrid

La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Officina Libraria, con un testo della curatrice, che approfondisce la storia della Giuditta caravaggesca e quella di Artemisia Gentileschi, registrando le ricadute dei due capolavori nella pittura contemporanea.

Il volume raccoglie inoltre i saggi di Elizabeth Cohen, Paola Cosentino, Filippo Maria Ferro, Lara Scanu, Francesco Spina, dedicati al tema della storia sociale e del ruolo della donna nella Roma di primo Seicento, alla rappresentazione letteraria e teatrale dell’episodio di Giuditta in epoca rinascimentale e barocca, alla lettura psicanalitica del trauma femminile nella pittura di età moderna e contemporanea, al tema iconografico di Giuditta nella produzione europea tra Cinque e Seicento, e danno infine conto di alcune novità documentarie decisive per la divulgazione dell’opera di Caravaggio a Roma e a Napoli.

“Questo progetto sulla pittura del ‘600 riesce a riverberarsi sull’oggi: la data scelta per la presentazione della mostra è casuale, ma di certo offre l’occasione per un’ulteriore riflessione sulla questione femminile”, ha spiegato all’ANSA la direttrice delle Gallerie Nazionali di Arte Antica Flaminia Gennari Santori riferendosi al 25 novembre, Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, “L’idea della mostra è nata per indagare la differente modalità di visione delle opere da parte di artisti, pubblico e committenti. La Giuditta di Caravaggio non doveva essere vista, eppure ha avuto un impatto straordinario. Poi con Artemisia e suo padre la scena si è trasformata ancora, innescando un’urgenza emotiva ancora diversa”.

Una grande occasione, quindi, per rivedere queste opere straordinarie riflettendo sui contesti sociali in cui sono state create e in cui oggi parlano ancora con tanta forza a uomini e donne.

INFO
Caravaggio e Artemisia: La sfida di Giuditta Violenza e seduzione nella pittura tra Cinquecento e Seicento
Dal 28 novembre 2021 al 27 marzo 2022
Palazzo Barberini, via Quattro Fontane 13 — Roma.

da Martedì a Domenica dalle 10.00 alle 18.00.
Ultimo ingresso 17.00
Biglietto: 7€ – ridotto 2€ (cittadini EU dai 18 ai 25 anni)

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