STREET ART e Covid-19 – Anche i muri si mobilitano di fronte all’emergenza globale, con messaggi che per una volta si allineano (chi più chi meno) alle comunicazioni ufficiali, amplificandole a beneficio della popolazione e richiamando all’ordine chi non le rispetta. Governi compresi.
Mentre i palinsesti televisivi inondano l’etere di spot che invitano alla responsabilità sociale e internet e i social si mobilitano con post, banner e hashtag a tema, anche sulle bacheche più antiche del mondo rimbalza lo stesso messaggio: #stateacasa.
La street art insomma non resta a guardare e anche i muri e le facciate dei palazzi si attivano contro la pandemia, per combattere un virus che non conosce confini e non guarda in faccia a nessuno, invitandoci a ripensare il nostro modo di relazionarci e di agire a livello globale.
I soggetti privilegiati dei nuovi graffiti, apparsi a macchia di leopardo tra dicembre 2019 e aprile 2020 in tutto il mondo, sono ovviamente mascherine, amuchina, disinfettanti, l’immagine stilizzata del virus e non ultimo l’hashtag #stayathome, che si rincorrono in un vortice di forme e colori dalle diverse implicazioni, a seconda degli artisti coinvolti e dei territori interessati: dagli Usa alla Bolivia, dall’Irlanda alla Palestina, dal Brasile alla Cina, ognuno con le sue peculiarità.
BERLINO (Germania)
Ricalca patriotticamente i colori della bandiera tedesca il grande murales apparso sul muro di una strada di Berlino, in cui una donna di colore osserva perplessa i passanti, ricordando loro senza mezzi termini che sarebbe più opportuno stare a casa. Alla concitazione dei colori dominanti, rosso, giallo e nero, si affiancano sprazzi di un livido azzurro, dal simbolismo ambivalente: tonalità pacata e tranquillizzante solitamente associata all’ipnotico fluire del mare e del cielo verso orizzonti infiniti, ma che qui ci riporta ai toni asettici e freddi dei dispositivi sanitari e di ambiti ospedalieri, introducendo una nota spettrale nell’insieme.
BOGOTÀ (Colombia)
Punta sul tema del distanziamento sociale questo murales di Bogotà, in Colombia, dove un bambino di età e nazionalità imprecisata fissa stranito il quartiere circostante, pattugliato da occasionali forze dell’ordine e solitari piccioni. Sul suo volto pallido un’enorme mascherina bianca, che si staglia sui toni cupi dell’edifico, a cui si intona e in cui sfuma la sua sagoma. Girare a viso scoperto, di questi tempi, non è più un’opzione praticabile.
RIO DE JANEIRO (Brasile)
Punta il dito contro il presidente Jair Bolsonaro la street art brasiliana, che ne deturpa l’effige con un naso da pagliaccio, giocando sulle affinità semantiche dei termini “mascherina” (intesa come dispositivo di protezione individuale) e “maschera” o “mascherata” (travestimento, in questo caso da clown). L’allusione è all’ostinata e irresponsabile chiusura del governo brasiliano nei confronti di qualunque misura di contenimento del virus, gretta anteposizione di interessi economici alla salute dei cittadini. Il verde di sfondo campeggia come beffa nella beffa, ironico e amaro rimando alla bandiera nazionale.
LOS ANGELES (California / USA)
A Los Angeles, California, Hijackart sovrappone il tema della guerra a quello della pandemia, e ci restituisce l’immagine di due sedicenti soldati armati di disinfettanti, aspirapolvere, mascherine e rotoli di carta igienica. L’ironia dilaga su molteplici livelli, invitandoci a riflettere sulle velleità di potere del genere umano, sul concetto di guerra tradizionalmente intesa e sull’inutilità delle prevaricazioni tra stati e nazioni, in un pianeta che si fa beffa dei nostri sofisticati armamenti costringendoci a lottare, con armi spuntate, contro un nemico invisibile che non conosce frontiere.
DAKKAR (Senegal)
Sposta l’accento sulle implicazioni sociali della pandemia il collettivo RBS Crew che a Dakkar, in Senegal, utilizza il potere universale delle immagini per comunicare con la popolazione delle favelas, spesso analfabeta, istruendola sui comportamenti da adottare per proteggere se stessi e gli altri dalla pandemia. Vista da una prospettiva allargata, la grande opera muraria è anche un invito a riflettere sulle condizioni privilegiate dei paesi civilizzati nei confronti di quelli più poveri, in cui l’emergenza rischia di aggiungere devastazione a devastazione, amplificando misera, degrado e malattie.
LOS ANGELES (California, USA)
È dell’artista Pony Wave l’eloquente murales realizzo il 21 marzo a Venice Beach, California, in cui due ragazzi si baciano protetti da mascherine colorate. I profili stilizzati dei due protagonisti si stagliano sul bianco luminoso del muro, riprendendo l’analogo contrasto prodotto dai fusti delle palme sul cielo dello sfondo. “Volere ma non potere” (e soprattutto “non dovere”) è lo struggente messaggio indirizzato ai frequentatori della spiaggia, ai quali il governatore della California Gavin Newsom ha deciso di non impedire l’accesso, purché muniti di mascherine e nel rispetto delle norme di distanziamento sociale. (Photo by Mario Tama/Getty Images)
HONG KONG (Cina)
Finisce in padella, a Hong Kong, il virus che partendo dalla Cina si è diffuso dal gennaio 2020 al mondo intero. Una zuppa di molecole di coronavirus viene rimestata da diaboliche mani dalle unghie puntute, colorate di rosso e recanti l’effige della falce e martello. Al centro galleggia la testa del presidente dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’etiope Tedros Adhanom Ghebreyesus, che annega tristemente nella livida brodaglia, cucinato a puntino da una pandemia di cui molti hanno tardato a riconoscere la portata.
DUBLINO (Irlanda)
Al limite del vandalismo, ma di una chiarezza disarmante (oltre che impossible da equivocare), il messaggio lanciato da una vetrina di Dublino, che ricorda ai passanti una delle misure base per sconfiggere il virus: lavarsi le mani. Un cuore giallo stempera i toni aggressivi del messaggio, ma nulla toglie alla veemenza dell’insieme, che rispecchia il disagio di tanti esercenti, letteralmente presi d’assalto dai clienti e maggiormente esposti al contagio a causa dell’irresponsabilità di pochi.
AMSTERDAM (Paesi Bassi)
Sono i medici e gli operatori sanitari i nuovi eroi, o meglio super-eroi, dei nostri tempi, come ci ricorda questo murales di Fake, apparso su un muro di Amsterdam nei Paesi Bassi. Il logo di Superman, impresso sulla mascherina di questa infemiera, parla più di mille parole e suggerisce mille letture contrastanti: dallo sforzo eroico posto in essere dal personale degli ospedali all’entità titanica dello sforzo richiesto, due concetti che cozzano l’uno contro l’altro come il logo del celebre eroe dei fumetti sulla garza sottile della mascherina.
GLASGOW e PONTEFRAC (UK)
Ancora infermiere e mascherine a Glasgow e Pontefrac. Qui Scozia e Inghilterra sembrano parlarsi tra loro con due murales che mostrano i due lati opposti della pandemia. Mentre una coppia di ragazzi si baciano rimuovendo le rispettive protezioni, un’infermiera ricorda agli inglesi quali sforzi titanici stiano compiendo i medici e il personale sanitario impegnato a contenere la pandemia. Piccoli gesti individuali si riflettono insomma su scenari globali, uniti da un tono di azzurro che oltre a essere il colore simbolo delle mascherine è anche lo sfondo del logo del servizio sanitario inglese (National Health Service o NHS), qui trasformato sostituendo alla S finale il celebre logo di Superman, il supereroe dei fumetti.
ATENE (Grecia)
Ad Atene, Grecia, la partita in corso tra l’umanità e il virus si trasforma metaforicamente in una partita di football americano, dove due giocatori di opposte fazioni si danno battaglia. Il murales ferma l’istate in cui l’attaccante della squadra bianca tenta di sfondare in corsa, con il virus sottobraccio al posto della palla ovale, le difese della squadra avversaria. “Vaccine” (vaccino) è l’eloquente scritta che campeggia sulla maglia del difensore, sopra il numero 1, in una scena dal finale ancora tutta da scrivere. Opera dello street artist Alex Martinez.
CHARLOTTE (Carlolina del Nord – USA)
Non solo mascherine ma anche disinfettanti in soluzione alcoolica e gel igienizzanti mani. Sono questi i nuovi oggetti di culto nell’anno della pandemia, uno dei quali immortalato su oltre 6 metri di muro da Darion Fleming, alias DarFlemingo, a Charlotte, in Nord Carolina (USA), a futura memoria di un evento destinato a segnare in forma indelebile la storia, oltre che modificare radicalmente le nostre abitudini e la scala delle nostre priorità.
TOKIO (Giappone)
È di un digital artist giapponese, Shusaku Takaoka, questa interessante rivisitazione del noto stencil di Banksy “Ragazza col palloncino”, apparso originariamente a Londra nel 2002. Qui, al palloncino rosso che appariva nella composizione originaria, si sostituiscono i cerchi delle olimpiadi, allegoria dello sfumare dei giochi previsti a Tokio per il 2020. Al messaggio di solitudine esistenziale che accompagnava l’opera di Banksy si sostituisce in quella di Shusaku lo sgomento di una solitudine globale, per un’opera il cui messaggio è comunque sempre ambivalente: lo stencil di Banksy era infatti accompagnato dall’iscrizione “There is always Hope” (traducibile con “c’è sempre speranza”). All’occhio dell’osservatore decidere se interpretarlo in chiave letterale o ironica.
NAPOLI (Italia)
Anche San Gennaro a Napoli da il buon esempio, facendo la sua comparsa sui muri della città in formato stencil e dotato di immancabile mascherina. Il Santo Patrono è ritratto nell’atto di concedere la benedizione, immagine inquietante ma anche ben augurale, vista la fiducia che i napoletani ripongono nella sua intercessione. L’icona religiosa non è certo alla sua prima apparizione sui muri delle strade partenopee, ma questa è senza dubbio una delle sue raffigurazioni “più anomale”. Di IIFlase.
BOMBAI (India)
Mix di antico e moderno sui muri di Bombai, in India, dove lo street artist Tyler ritrae la sagoma di una divinità indiana in meditazione nella posizione del loto, ma col volto coperto da una mascherina. L’effetto d’insieme è decisamente straniante: la posizione del loto è infatti l’archetipo degli asana e rimanda simbolicamente a un fiore che cresce dal fango, trae nutrimento dall’acqua per poi schiudersi al sole. Benessere, rinnovamento e rinascita sono solitamente i suoi significati. Deturpato dalla mascherina l’intero ciclo sembra qui essersi inceppato. Ma allude anche, per contro, a una fase di stallo cui seguirà l’immancabile ripartenza.
IDLIB (Siria)
Aziz Asmar, street artist sirano, propone a beneficio dei più piccoli un virus in forma fumettistica, che occhieggia dai muri ammonendoci dai pericoli in cui possiamo incorrere se non ci attrezziamo adeguatamente per sconfiggerlo. Punto di partenza di eventuali narrazioni orali che potranno essere completate in famiglia, aiutando tutti a capire come proteggere se stessi e gli altri, in particolare gli anziani, da questo flagello invisibile.
COPENAHEN (Danimarca)
Prende forma di un mostro dai tratti umanoidi il virus dipinto da Weilin su una facciata di Copenaghen, dove campeggia su sfondo rosa shocking richiamando alla mente il volto del dittatore nord coreano Kim Jong-un. Il negazionismo di Kim Jong-un rispetto alla pandemia, di cui si è fatto irriducibile portavoce, sembra abbia già causato migliaia di vittime. Le sue fattezze richiamano anche non a caso Hulk, il famoso personaggio della Marvel che da innocuo umano si trasforma a tratti in terribile mostro verde, seminando catastrofi e distruzione al suo passaggio.
SIDNEY (Australia)
Ancora mostri verdi ma questa volta le fattezze sono quelle del presidente della repubblica nazionale cinese Xi Jinping, perfettamente riconoscibile nel murales di Lushsux, noto street artist autraliano famoso per i suoi irriverenti ritratti di presidenti e personalità di potere del mondo globalizzato. Tra i suoi bersagli preferiti Hillary Clinton, Donald Trump e il primo ministro israelinao Benjamin Netanyahu, gli ultimi due ritratti nel 2017 in atto di baciarsi, in un’opera che fece scalpore e finì sulle copertine di tutti i giornali del pianeta.
Scorci di medioevi prossimi venturi in quest’opera dei cretivi Kapu Kollective, realizzata a Miami, in Florida, dove una gigantesca molecola di Covid si trasforma in un colossale ariete da demolizione. La grande palla meccanica viene immortalata nell’atto di infrangersi contro l’unico pilone residuo di un probabile ponte, ultimo baluardo di stoica resistenza in un panorama peraltro già devastato dalle macerie.
ATENE (Grecia)
Si protende verso l’alto il monito incluso nelll’opera di SF, sedicenne street artist di Atene, che da vita al suo intervento sui tetti di un blocco di edifici. Soggetto anche qui il virus stilizzato che campeggia su fondo rosa shocking, accompagnato dall’immancabile dall’hashtag #stayhome in doppia versione greca e inglese. Le bandiere della Grecia, della Francia, dell’Italia e della Cina conferiscono una dimensione planetaria alla rappresentazione, mentre la location scelta, spostando in una dimensione privata opere che normalmente sono pensate per gli spazi aperti e traslando in orizzontale ciò che normalmente siamo abituati a pensare in verticale, rende conto del grande cambiamento di abitudini, prospettive e visioni cui sarà necessario adeguarsi per far fronte al futuro.