Rocchetta Mattei: il libro di pietra Un monumento eclettico e misterioso come il Conte Mattei, suo originale committente. Un castello ricco di simboli e di mistero, sugli Appennini in prossimità di Riola di Vergato e Savignano, a due passi da Bologna

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Rocchetta Mattey, Grizzana Morandi - Ph CarFa, all rights reserved

GRIZZANA MORANDI (BO) – La Rocchetta Mattei è uno dei monumenti più misteriosi e originali dell’Emilia Romagna ma forse anche del Bel Paese.  Arroccata sugli Appennini Settentrionali in prossimità di Riola di Vergato e Savignano, posta all’interno del Comune di Grizzana Morandi a poco meno di un’ora da Bologna, è un castello sui generis dall’eclettica architettura moresca, alla quale pare inglobarsi una torre matildica, in un apprezzabile amalgama di medioevo e architettura arabeggiante e in azzardato contrasto con il paesaggio circostante sul quale si staglia con beffarda impudenza.

Nato troppo tempo dopo la grande epoca dei castelli medievali, il castello Mattei sarebbe potuto essere un palazzo, signorile ma pur sempre palazzo. Al contrario invece il suo geniale progettista, committente e ideatore, il Conte Cesare Mattei, volle che fosse tutt’altro e che la Rocchetta apparisse così – come ora la vediamo dopo un lungo intervento di restauro: una roccaforte in un’epoca in cui non sarebbe certamente servito difendersi da “nemici” fisici. Baluardo ideale che pone la cultura, “la scienza”, la conoscenza in netto contrasto al dogma imperante senza però – qui sta anche la perizia o il potere del committente – entrare mai, o quasi, in frizione col Potere ufficiale, per lo meno durante i lunghi anni di vita dello stesso Mattei. La Rocchetta, come vedremo, sarà dimora privata e spazio riservato al pubblico, la sede di un sapere anti accademico, il presidio di una conoscenza e di un sapere “esoterico” creato dal Conte medesimo, ovvero di una disciplina destinata a pochi iniziati, tanto pochi da essersi sostanzialmente estinta con la morte del suo unico fondatore, il Conte stesso. Costui portò con sé nella tomba, oltre ai propri resti, anche il suo segreto. La tomba è a sua volta presente all’interno della Rocchetta, in barba a Napoleone e all’editto di Saint Cloud.

Per capire meglio di che cosa stiamo parlando occorre però fare qualche passo indietro e domandarci chi sia stato realmente il Conte Mattei. Di lui le notizie si mescolano, si amplificano, si interrompono, forse si esagerano. 

Nato a Bologna l’11 gennaio 1809 da una  famiglia piuttosto benestante, Mattei era di fatto pienamente inserito nel contesto sociale e politico nel quale viveva, annoverando tra le sue conoscenze le figure più rappresentative della società petroniana e italiana di allora, fra i quali Marco Minghetti e Andrea Costa. Non fu certo casuale se nel 1837 Cesare Mattei fu proprio fra i fondatori della Cassa di Risparmio in Bologna, accanto a Minghetti e Costa. Benché benestante Mattei non era nato nobile, ma fu insignito del titolo di Conte solo nel 1847 da papa Pio IX dopo che questi aveva ricevuto dal Mattei una roccaforte vicino a Comacchio, utile per contrastare l’avanzata dei soldati austriaci. Siamo ancora in pieno Risorgimento e il Governo di Vienna è ancora il grande nemico, Mattei quindi possiamo dire abbia partecipato, sebbene a suo modo, al Risorgimento.

Cesare Mattei, divenuto quindi Conte, verrà eletto nel 1848 deputato al Parlamento di Roma. La svolta nella sua vita si avrà però nel 1850, dopo la morte della madre, venuta a mancare a causa di un tumore al seno. La lunga malattia e le sofferenze della madre avevano prodotto una forte impressione su di lui, al punto da portarlo a dubitare della validità e dell’efficacia della medicina ufficiale. Sarà sotto questa pulsione che il Conte prenderà le distanze da quest’ultima insieme con decisioni importanti e drastiche all’unisono. Si ritirerà cioè dalla vita politica per dedicarsi allo studio della medicina alternativa, e i suoi interessi si indirizzeranno anche verso la medicina araba, pur restando fedele ai principi di Ipocrate e all’omeopatia, che riproporrà secondo canoni suoi.

Il corpo vive del sangue e della linfa; questi due liquidi sono le sole forze nutritive. Dal vario modo di essere mescolati, dipendono le diversità del fisico umano. La linfa guasta produce una malattia linfatica; il sangue guasto produce una malattia del sangue; ma nei casi gravi e nella maggior parte delle malattie croniche, il sangue e la linfa sono guasti contemporaneamente.

Nel 1859 fu affascinato da uno spazio su cui restava un castello in rovina appartenuto a Ottone IV e passato in seguito alla Contessa Matilde di Canossa, una piccola rocca sulla quale decise di costruire la struttura che dallo sperone o rocca stessa prenderà appunto il nome di Rocchetta Mattei. L’edificazione del castello sancisce l’applicazione pratica della legge dei simili: un libro scritto nella pietra e per questo destinato a durare. Dalla struttura alla forma della pianta del castello, l’acqua, la terra, il fuoco e l’aria sembrano essere gli elementi chiave sui quali converge la sua bizzarra dimora e se si conta che questi sono anche i quattro elementi cardine dell’alchimia, ecco che si aggiunge all’insieme anche un elemento arabo. Tanti sono poi i simboli ricorrenti all’interno dell’edificio: stelle a otto punte, rose a cinque petali, pellicani, leoni, il bianco e il nero, ossessivamente presenti persino nel motivo del pavimento del cortile, che prima dei restauri era però a scacchi, lo stesso motivo scelto ancora da Mattei per lo stemma araldico, questa volta conservato; ma soprattutto sono il suo credo e la sua filosofia  ad essere  leggibili non solo nei decori ma nella costruzione specialmente; quest’ultima ci  parla del Conte Mattei e della sua visione al di là di ogni facile metafora, dove significati espliciti emergono e s’intrecciano ad altri forse meno evidenti. Il Conte apparteneva forse ai Rosacroce o semplicemente stava simulando? Eppure lui stesso non entrerà mai in conflitto con la Chiesa, saranno infatti una sessantina i sacerdoti che officeranno le sue esequie parecchi anni più tardi, un funerale quello del Conte degno di un re; senza dimenticare che all’interno della Rocchetta esiste, nella parte privata, la marmorea “stanza del Papa”, costruita per ospitare l’eventuale pontefice che dal Mattei si fosse recato in visita.

Il Conte stesso aveva creato “una società” che definire tale parrebbe un ossimoro, essendo questa di fatto composta da lui e da qualche collaboratore, ma che fosse di fatto segreta, dato l’allure che circonda i suoi preparati, questo si sa. Misteri, quesiti irrisolti o forse, per dirla con Oscar Wilde, “una sfinge senza segreti”? Il mistero attrae sempre e riferito al Conte non mette però a disagio. Lui era un guaritore che giocava forse a fare il “mago”, a stupire, a cogliere di sorpresa, e l’elemento ludico è in effetti molto presente, nascosto ma visibile al tempo stesso nell’architettura dell’edificio. Si prendano le pareti, non mai parallele, la simmetria che non esiste o almeno sembrerebbe non esistere. La “chiara evidenza delle proporzioni” sembrerebbe l’ultimo dei crucci del Mattei, dato che le arcate sorrette da colonne rastremate conservano misure differenti, e nella scala elicoidale il “sopra o sotto” sembrano specchiarsi vicendevolmente, come si trattasse di un mondo fatto al contrario, dove il finto e il vero si contrappongono. Sono troppi gli elementi alchemici che si ripetono all’interno degli spazi del castello. Il Conte ribalta teorie, metodi, rimedi e vuole che il castello rispecchi attraverso la sua struttura anche il suo pensiero.

Un piccolo borgo sperduto e difficilmente raggiungibile mancando delle vere strade conoscerà grazie a questo grande imprenditore una floridità economica, mai vista in precedenza. Il “metodo Mattei” era riconosciuto come valido e i malati accorrevano in gran numero, tanto che per riceverli tutti verranno costruiti alberghi destinati proprio ai suoi pazienti e persino la linea ferroviaria su insistenza del Conte arriverà a comprendere anche Riola. Sicuramente Cesare Mattei era un uomo con idee chiare, mezzi per realizzarle e uno spiccato senso filantropico.

Il Conte, oltrepassando le teorie di Hahnemann (fondatore dell’omeopatia) elaborò un nuovo procedimento che chiamò Elettromeopatia e nel 1881 diede avvio alla produzione di questi preparati in seguito esportati in tre continenti. Si annoverano fra coloro che a lui si rivolgevano persino parecchie teste coronate, quindi sovrani e imperatori. Il Conte però garantiva le cure anche a chi non avrebbe potuto pagarsele, costoro accedevano infatti gratuitamente ai farmaci. Già nel 1884, Mattei aveva creato una solida azienda, capillare e ben spalmata su scala intercontinentale. La Rocchetta Mattei era divenuta il polo di attrazione da numerosi paesi, il castello del conte Mattei era una sorta di crocevia tra culture, etnie, religioni diverse, dove si parlavano ben dodici lingue: un piccolo paese posto sugli Appennini e lontano dalle maggiori vie di comunicazione che sarebbe diventato l’ombelico del mondo – o almeno di quel mondo che sperava in una guarigione: la rocchetta divenne così la destinazione prescelta di Ludwig III, dello Zar Alessandro, di Francesco Giuseppe e dell‘èlite europea, Francia, Germania, Austria, Russia, America, Cina, Giappone, India e Samoa, la lista può bastare a dare un’idea della fama dei suoi rimedi. Persino Dostoesvkij, nel romanzo I Fratelli Karamazov, cita i preparati del Conte Mattei.

Nel 1895 il Conte, ormai anziano e reso paranoico dalle manie di persecuzione, finirà col dormire in una stanza alla quale si accedeva da un ponte levatoio che veniva tolto e rimesso a seconda della bisogna. Ad aggravare la situazione basteranno i conflitti irrisolti con i “colleghi”  allopatici, tanto che dopo una incomprensione con la nuora (sospettata di aver tentato di ucciderlo servendogli un caffè avvelenato), la scacciò di casa e Mario, il figlio adottivo, che aveva preso le difese della moglie rumena, ebbe analogo destino e verrà poi diseredato. Nella sua lunga vita, 87 anni, il Conte ebbe modo di far redigere ben sei testamenti, il primo dei quali vedeva nel nipote Luigi l’erede di tutte le sue sostanze. Sfortunatamente l’erede aveva per così dire già ipotecato l’imponente eredità quando ancora il Conte era vivo. Cesare Mattei temendo di perdere l’amata Rocchetta, diseredò il nipote imbelle e riportò la situazione in equilibrio: la macchina del Conte funzionava ancora egregiamente e seppure un grosso colpo alle finanze di Casa fosse stato innegabilmente dato, il denaro si sa va e viene e il Conte senza dubbio sapeva bene come farlo arrivare.

L’architettura del castello è un’amalgama di stili, dal moresco reinventato a quello medievale, dove elementi autentici si mescolano a pure ricostruzioni. Non era interesse del Conte l’autenticità dell’elemento storico architettonico, quanto destare stupore e meraviglia attraverso la propria casa o comunque trasmetterne l’idea.

Questa meraviglia è la stessa che tuttora prova il visitatore dei nostri giorni che si rechi in visita alla Rocchetta Mattei, ovvero l’incontro con un luogo ancora oggi in grado di suscitare interesse e curiosità, sia verso il suo creatore che verso l’arcano a tutt’oggi irrisolto che si cela fra le sue mura.

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