FERRARA — Ospitata nelle splendide sale rinascimentali di Palazzo Diamanti, apre al pubblico il primo dicembre la mostra “Giuseppe de Nittis e la rivoluzione dello sguardo”. L’esposizione rimarrà aperta al pubblico fino al 13 aprile 2020.
La mostra è un omaggio Giuseppe de Nittis (1846-1884) artista nativo di Barletta ma parigino d’adozione. Il percorso espositivo focalizza l’attenzione sulla maniera del pittore di porsi di fronte alla realtà per catturarne gli aspetti più insoliti, realizzando opere dal respiro contemporaneo e decisamente inedito per il suo tempo. Europeista ante-litteram, De Nittis fu prima un esponente della scuola verista del sud Italia e poi, dal 1868, dopo essersi trasferito in Francia, entrò a far parte della corrente avanguardista della capitale francese.
A Parigi, De Nittis fu amico e collega di artisti del calibro di Degas, Manet, Monet e di altri impressionisti. Con loro de Nittis condividerà sia l’interesse per l’orientalismo che per la fotografia. E sarà proprio la fotografia che porterà l’artista ad esplorare e a ricercare ulteriori possibilità in campo artistico. La società che stava cambiando così repentinamente viene colta e immortalata su tela con freschezza, originalità e un forte senso del vero, in un confronto serrato fra tradizione pittorica e i dettami di un’arte nuova, la fotografia appunto, che si stava imponendo solo allora. Ecco quindi che ci appaiono scorci inconsueti, spiazzanti prospettive capaci di ricreare atmosfere uniche suggellate dall’impareggiabile cifra stilistica del pittore. Poco importa se nei quadri vengono immortalati gli assolati paesaggi italiani, i brulicanti boulevard di Parigi o le affollate piazze londinesi. De Nittis riesce, con uguale destrezza, a catturarne il genius loci, l’atmosfera, e a restituirla con autenticità, come se anche lui fosse da sempre stato parte di quei contesti.
Paesaggi meridionali abbagliati dal sole italiano, vedute nordiche malinconiche, brumose o ammantate di neve vedono il pennello dell’autore intingersi non solo di luce e di colore, ma anche di verve e di poesia. Il tratto sigla le opere con precisione ma evita ogni pedanteria e non è casuale che di fronte ai suoi quadri il fruitore abbia sovente la sensazione che l’artista abbia scattato quelle immagini anziché dipingerle. La rappresentazione che De Nittis fa del vero, la fugacità e la transitorietà dei suoi soggetti, aprono le porte alla modernità.
In mostra accanto ai suoi dipinti sono esposte anche fotografie ad opera di rinomati autori dell’epoca: Edward Steichen, Gustave Le Gray, Alvin Coburn e Alfred Stieglitz. In esposizione anche alcune prime immagini in movimento dei fratelli Lumière. Il percorso espositivo mira in tal modo a evidenziare il contributo di De Nittis alla creazione di un linguaggio visivo della modernità.
Organizzata in collaborazione con il Comune di Barletta, la mostra è a cura di Maria Luisa Pacelli (conservatrice delle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara), Barbara Guidi (conservatrice delle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara) e Hélène Pinet (già responsabile delle collezioni di fotografia e del servizio di ricerca del Musée Rodin di Parigi). Il catalogo illustrato che accompagna la mostra si fregia del contributo di studiosi specializzati e approfondisce tematiche ancora poco affrontate quali il rapporto tra l’artista e la fotografia dell’epoca, l’interazione con le dinamiche del mercato che segnarono la fine del secolo, nonché il ruolo decisivo della moglie Léontine nella carriera del pittore, del quale fu musa, modella e anche manager.
«Abile nel cogliere tutti gli aspetti e a fotografare tutti i particolari, il pittore del sole divenne di colpo il pittore della nebbia e delle atmosfere umide». (Paul Mantz)
Ne parliamo brevemente con Barbara Guidi.
*** INTERVISTA A BARBARA GUIDI ***
Come mai il nostro Paese ha tributato tanto raramente mostre così importanti a un poeta della tela quale fu De Nittis? Che possiamo definire, se mi passa il paradosso, come il più francese degli artisti italiani e il più italiano fra quelli francesi?
Certamente. Guardi, io credo che essenzialmente sia una questione di dinamiche del mercato. Molto semplicemente come disse Longhi a partire dalla fine del Settecento, l’arte aveva lasciato l’Italia per spostarsi nel nord dell’Europa e in Francia in particolare. Noi abbiamo dato i natali – e continuiamo a dare i natali – a grandi artisti ma chiaramente i migliori italiani, nascendo in una patria che non era tra le più dinamiche politicamente ed economicamente, non riuscivano a venire fuori in questo paese.
Si sentiva forse la mancanza di un potere nazionale forte? In fondo l’unità d’Italia era piuttosto recente.
Più che altro non c’erano molte occasioni per questi artisti. Le mostre erano poche e comunque piccole, erano frammentate o in realtà assolutamente non nazionali e men che meno internazionali, quindi pittori come De Nittis o Boldini venivano “catturati” da questi mercanti, prima di tutto francesi, che ci rubavano questi talenti e se li portavano in Francia. È una vicenda analoga, quella che vivono Boldini e De Nittis, che si recano in quello che si considerava allora l’ombelico del mondo, cioè Parigi, e poi subito dopo Londra. Queste erano le due capitali che stavano dando spazio ai giovani artisti di talento e chi voleva emergere doveva andare lì. Credo che sia quello il problema. Noi abbiamo vissuto un’era di grande fulgore con il Rinascimento. Era un’epoca in cui c’erano denari, signorie che sostenevano lo sviluppo delle arti. L’economia ha un grande peso nello sviluppo delle arti.
De Nittis sapeva far dialogare il vecchio con il nuovo, la pittura e la fotografia, due linguaggi che riusciva ad armonizzare utilizzando anche ciò che la tecnologia gli metteva a disposizione, penso ad esempio alla sua “carrozza-studio”. Come avete valorizzato questa sua genialità che, e mi rifaccio alla mia prima domanda, raramente gli è stata riconosciuta?
Noi abbiamo voluto fortemente guardare questo artista da un punto di vista diverso. Abbiamo iniziato a studiarlo e ci siamo fatti delle domande. Ci pareva che De Nittis avesse dato alcune delle risposte più eloquenti del suo tempo, in questo dialogo che la fotografia instaura con la pittura. E questo istinto ci ha portato sulla buona strada. Allora abbiamo fatto uno scavo, partendo dalla critica, abbiamo deciso di metterlo in dialogo con questa grande rivoluzione dello sguardo che lo circondava e con la quale lui interagisce, e questo credo ci abbia dato modo di apprezzarlo in maniera diversa, svincolandolo da quelle letture che sono sempre un po’ classiche e un po’ statiche di questi artisti. La stessa cosa avevamo fatto con la mostra di Boldini e la moda: siamo andati a scavare e abbiamo cercato di capire come mai Boldini venisse spesso criticato. Questa critica è diventata per noi una sorta di punto di forza, perché mostrava come lui (Boldini, ndr) avesse fatto qualcosa che non solo non era stato evidenziato ma non era stato proprio letto, e che invece a ben guardare lo ha portato a diventare il pittore che gli stilisti hanno preso e continuano a prendere a modello. Questa mostra (De Nittis e la rivoluzione dello sguardo, ndr) rientra in un percorso di ricerca che in questo senso vuole provare a guardare in maniera diversa, non scontata e non canonica, questi artisti, provando a farsi delle domande per arrivare a dare anche delle risposte.
INFO
De Nittis e la rivoluzione dello sguardo
Dal 1 dicembre 2019 al 13 aprile 2020
Ferrara, Palazzo dei Diamanti
Aperto tutti i giorni, dalle 9.00 alle 19.00
Aperto anche 8, 25 e 26 dicembre, 1 e 6 gennaio, Pasqua e Lunedì dellAngelo
www.palazzodiamanti.it
tel. 0532 244949 | diamanti@comune.fe.it