LP5. Il nuovo album di Apparat

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Apparat, LP5 - Mute Records

LP5 — Anticipato dal singolo Dawan e a sei anni dal precedente Krieg und Frieden (Music for Theatre), è uscito il 22 marzo 2019 per Mute Record LP5, il nuovo album di Apparat.

Torna con un nuovo album, pubblicato dalla Mute Records, Apparat ovvero Sascha Ring, uno degli autori elettronici tedeschi contemporanei più conosciuti.
L’acronimo usato come titolo riprende l’essenziale semplificazione impiegata dagli Autechre nel 1998 nel loro quinto album, intitolato appunto “LP5”.
Pur avendo realizzato brani ascrivibili al genere IDM (Intelligent Dance Music), quindi a una dimensione formale legata alla manipolazione ritmica e timbrica del suono, Apparat deve principalmente la sua notorietà a lavori nei quali usa la forma-canzone in uno stile definibile come “Indietronica”, una miscela tra Indie/Alternative Rock con l’impiego di suoni elettronici.

La sua attività nel nostro paese è stata caratterizzata dalla realizzazione delle colonne sonore dei film di Mario Martone “Il Giovane Favoloso” nel 2014 e “Capri Revolution” del 2018.
Quindi la dimensione stilistica sulla quale Apparat muove è molteplice e, come spesso avviene, la formula che trova maggiore consenso è quella che vede l’impiego di strutture assimilabili alla song di matrice rock.
Ma indubbiamente Sascha ha trovato un equilibrio originale fra i vari elementi che impiega come songwriter, un’area lessicale scivolosa in cui, proprio in quanto ipercodificata, è molto difficile trovare un’identità distintiva.
Un’operazione che Sascha ha perfezionato negli ultimi anni collaborando con i Modeselektor, Gernot Bronsert e Sebastian Szary, all’interno del progetto “Moderat”, con il quale ha realizzato due album decisamente accessibili a una più larga fascia di pubblico.
Queste realizzazioni, apprezzatissime anche dalla critica, si collocano da una parte su territori decisamente più pop, in bilico fra canzone alla Coldplay ed electro-pop, e dall’altra rientrano completamente, soprattutto nei momenti performativi, nelle ritualità, anche visive, tipiche del rock.
Un’operazione con ovvi risultati positivi sotto il profilo commerciale ma inevitabilmente semplificatori dei contenuti formali, che allontana Apparat dal “core” dei generi propriamente elettronici.

In “LP5” Apparat tenta di affermare una sua precisa identità di songwriter orientandosi verso song rarefatte e malinconiche: la dimensione della scrittura è infatti intimista e minimale, rafforzata da arrangiamenti che sfruttano abilmente i suoni elettronici.
L’uso degli effetti vocali è intelligente e mai sopra le righe e tenta di compensare una vocalità con limiti evidenti.

Uno dei punti di minore efficacia che emerge nel percorso intrapreso da Ring è proprio nella scarsa personalità vocale, che raffrontata a quella di altri protagonisti della scena elecro-indie come Thom Yorke, Jonsi, James Blake, Chris Martin, per non parlare di Bjork, non riesce ad emanare lo stesso fascino carismatico.
Gli interventi ritmici sono semplificati, si rinuncia alla ricerca su timbri e poliritmie elettroniche presenti in lavori del passato, come “Duplex”, a favore di groove essenziali, talvolta elementari, che sorreggono lo sviluppo melodico delle tracce.

Le aperture ambientali e orchestrali danno spazio alla sua vocazione cinematica travalicando alcune consuetudini della forma-canzone e mostrano un ecosistema sonoro comunque suggestivo e attento al minimo dettaglio.
È questo infatti il punto di forza di Apparat: la capacità di maneggiare materiale sonoro diverso riuscendo a tracciare un percorso di scrittura riconoscibile e ricco di sfumature.
Il sound è essenziale e rarefatto, Ring utilizza con disinvoltura campioni, suoni sintetici, chitarre, bassi e finanche archi creando una scrittura intelligente ed omogenea.
Al disco ha collaborato il violoncellista Philipp Thimm.Il lavoro si apre con “Voi Do”, un brano che offre immediatamente un mondo sonoro introverso, con frammenti trattati e incastrati in modo sapiente al tema vocale, mentre lo sviluppo graduale della struttura introduce una ritmica essenziale su un’armonia di fiati.

“Dawan” si basa su un groove ritmico scarno senza particolari variazioni su cui si sviluppa un pad ambientale. La parte vocale del brano si alterna ad un basso elettrico suonato su un’armonia dalle suggestioni cinematiche.
“Laminar Flow” è un ennesimo momento sospeso. I suoni elettronici sono curatissimi nel minimo dettaglio, il falsetto vocale sviluppa una melodia quasi soul che ricorda i migliori momenti di James Blake, ma senza la stessa identità vocale. Il brano si chiude su un groove breakbeat che fa crescere la dinamica.
“Heroist” si apre con suoni concreti d’ambiente e un suggestivo coro femminile, leggerissimo. Sul groove, anche qui vagamente jungle, la voce declama la melodia. La costruzione strumentale è qui davvero molto curata.
“Means of Entry” è un brano strumentale che si apre con suoni granularizzati, con un’apertura rarefatta e minimale, persa nei reverberi e con un sapiente alternarsi di suoni e silenzi, chitarre trattate, accordi di piano e campioni.
“Brandenburg” fa uso di un harmonizer sulla voce, mentre il brano si regge su una ritmica scarna di batteria acustica e un intreccio di arpeggi di chitarra acustica.
“Caronte” è un episodio quasi cameristico, un ostinato di violoncello sorregge l’armonia, la voce sfrutta in modo intelligente l’effettistica. Il brano si chiude su un crescendo neo-psichedelico di fiati e chitarre acustiche.
“Eq Break” è un brano strumentale fatto di ambienti scuri e di suoni effettati. Un’armonia suggestiva e scarna evoca suggestioni cinematografiche.
“Outler” è una canzone dark che cresce su drammatici accordi di organo e si chiude su un finale quasi acustico. “In Gravitas” è l’ennesimo brano sospeso, fra suoni trattati e accordi di pianoforte, che cresce su un groove ostinato di batteria e chiude il lavoro.

L’album presenta alcuni pregi evidenti. Apparat ha consolidato la sua identità sonora, le sue timbriche scure e le sue capacità di manipolare il materiale sonoro sono fuori discussione.
La scrittura dei brani ha trovato un suo equilibrio che ben si fonde con la rarefazione sospesa dei timbri elettronici, c’è la capacità di proporre un prodotto solido e convincente, depurato dai glitch e dai drill di alcune proposte più sperimentali.
In sintesi il materiale realizzato da Apparat per “LP5” ha le carte in regola per raggiungere un pubblico meno avvezzo ai noise e alle irregolarità timbriche e ritmiche di dischi come “Silizium”, dove la coesistenza di elementi sperimentali e aperture “pop” rendeva il prodotto meno calibrato sul segmento di mercato che qui si intende evidentemente raggiungere.
“LP5” è un disco che rappresenta un ennesimo passo di lato rispetto al mondo dell’elettronica più sperimentale, mondo nel quale, in passato, Apparat pareva intenzionato a mantenere un presidio.
Oggi l’autore si rivolge evidentemente a un pubblico più sensibile a strutture di forma canzone sofisticata e, data la qualità indubbia del prodotto, si tratta di un obiettivo raggiunto.

INFO

LP5 – Apparat
(Mute Records, 22 marzo 2019)

Disponibile in streaming MP3, CD Audio e Vinile

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Elettronicista e contorsionista sonoro, deformatore di immagini in movimento, suonatore di chitarre spaziali ha ideato e condotto vari deliri radiofonici nell’etere romano. E’ divenuto produttore con la sua label “Eclectic” dei suoi progetti sonori technoidi pubblicando decine di dischi. Laureato in Scienze della Comunicazione si occupa di marketing delle nuove tecnologie e scrive delle sue allucinazioni uditive su varie webzines musicali

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