COLLAPSE – Nuovo extended play per Aphex Twin, AKA Richard D. James, uscito per Warp Records il 22 settembre e anticipato il 7 agosto dall’uscita in video su youtube della title track “T69 Collapse”.
Dopo una fulminea campagna promozionale che ha visto un’enigmatica elaborazione grafica del suo logo comparire sulle pareti della metropolitana di “Elephant and Castle” nel sud di Londra – e successivamente in varie altre località del globo, tra cui una strada di Hollywood e un muro nel centro di Torino – Aphex Twin esce allo scoperto e pubblica su Warp Records il suo nuovo extended play, “Collapse”.
Nella popular music elettronica l’extended play è uno dei formati più diffusi. Nasceva per proporre versioni remixate e danzerecce di brani pop di successo con durate maggiori e una qualità di incisione superiore al vecchio 45 giri e si è consolidato come il formato più diffuso in ambito elettronico. L’extended play permette di offrire dei veri e propri mini-concept sonori di durata minore al classico album (di solito meno di 15 minuti per lato), con una resa sonora migliore e su un formato vinile a 12 pollici.
La produzione di Richard D. James è caratterizzata da circa una decina di “album” ma è espansa in modo vertiginoso da una quantità enorme di extended play.
La sua raccolta concept “Analord” (su Rephlex Records) pubblicata fra il 2004 e il 2005 è contenuta in 11 E.P. in vinile per un totale di 44 brani intitolati con nomi strambi di virus e spyware di cui solo alcuni finiti poi nella compilation in cd “Chosen Lords” (2006, Warp Records).
In realtà Aphex Twin non adotta nessun particolare formato, genera materiale sonoro che si tenta poi di adattare a quello che il mercato musicale è in grado di recepire fino alla pazzia del 2015 in cui ha messo on line gratuitamente centinaia di tracce (circa 208) inedite su Soundcloud.
Aphex Twin, pseudonimo di Richard David James (Limerick, 18 agosto 1971), è il musicista più influente della popular music elettronica nata alla fine degli anni 80 con l’esplosione della “Techno”.
La sua notorietà, già dagli anni 90, ha travalicato i generi e lo stesso perimetro della musica fondendosi con l’innovazione visiva di Chris Cunnigham.
La sua fama non è dovuta a perversi meccanismi commerciali di promozione ma si è alimentata nell’underground dei rave party e delle produzioni indipendenti degli anni ‘90.
La musica che ha prodotto ha toccato vari stili di musica elettronica riuscendo a reinterpretarli in modo originalissimo fino a ridefinirne il perimetro lessicale.
Durante la sua carriera ha utilizzato numerosi nicknames (AFX, RDJ, Polygon Window, Caustic Window, Richard D. James, Blue Calx, Bradley Strider, The Universal Indicator, Brian Tregaskin, Caustic Window, The Smojphace, GAK, Karen Tregaskin, Martin Tressider, PBoD, Power-Pill, Q-Chastic, Dice Man, The Tuss, Soit-P.P, user18081971, user48736353001 etc) scatenando una caccia all’inedito senza precedenti che ha generato anche numerosi “falsi”.
Nel corso degli anni ‘90 molte le sue produzioni hanno letteralmente rivoluzionato i linguaggi e le sue innovazioni hanno riguardato elementi talmente avanzati della materia sonora che ancora oggi non riescono ad essere completamente assorbite e digerite.
La sua ricerca armonico-melodica basata su scale “non temperate”, che utilizzano intervalli inferiori al semitono, è un elemento ancora completamente estraneo al linguaggio contemporaneo della popular music.
Altro elemento caratteristico del suo stile è nella capacità di scrittura in senso orizzontale di intricate e sempre varie figurazioni ritmiche che contorcono sia le parti di batteria che le parti di basso elettronico sfuggendo alla logica ripetitiva del loop e del sequencing.
La complessità delle sue linee ritmiche si interseca alle inevitabili dissonanze armoniche e melodiche derivanti dalla sua ricerca sulle scale, ma il controllo che ha sulla costruzione compositiva mostra un background di conoscenze teorico-musicali decisamente avanzato.
Questa maturità musicale, malgrado i comportamenti pubblici spesso in controtendenza e anticonformisti, lo ha portato a inattese collaborazioni come quella con Philip Glass (“Icct Hedral”, 1995, Warp Records) e a incrociare idee e ricerche sonore proprie della musica contemporanea come nel 2011 con Krzysztof Penderecki o nell’uso di pianoforti “preparati” alla John Cage a partire da “Drukqs” (2001, Warp Records).
Ma nel corso degli anni ’90 la sua musica era soprattutto immancabile nei grandi rave dell’epoca, ricordiamo la sua apparizione nel mitico “Ombrellaro Rave” del 4 aprile 1992 (di cui esiste una registrazione radio di Centro Suono Rave), la potenza della sua produzione techno e industrial-techno è leggendaria.
Attorno a lui si è creato un vero e proprio culto che, malgrado la lunga assenza fra il 2006 e il 2014, inframezzata di piccoli segnali, è rimasto intatto al punto che un suo disco inedito del 1994 (“The Caustic Window Album”, White Label) è stato pagato 46mila dollari all’asta tramite un crowdfounding nel 2014, un record senza precedenti.
Tornato a una produzione regolare su Warp Records con “Syro” nel 2014, e malgrado sperimentazioni bizzarre su strumenti acustici pilotati dal computer, una vera e propria passione già dai tempi di “Drukqs” (op.cit. sopra) il perimetro del suo lessico non ha subito più i grandi sussulti innovativi che ogni nuova release degli anni ‘90 riusciva ad emanare.
Resta avvolta da imperscrutabili ragioni personali la sua lunga assenza iniziata nel momento in cui il suo nome sembrava sul ciglio di un inarrestabile decollo commerciale, (già in precedenza aveva rifiutato collaborazioni in grado di collocarlo in emisferi pop con Madonna e Bjork), e anche il suo ritorno è difficile da collocare all’interno di un percorso creativo coerente. I suoi brani sono spesso incollocabili a livello temporale e talvolta si è sospettato riciclare brani inediti scartati precedentemente.
Il dato di fatto è che ogni uscita discografica di Aphex Twin genera fermento anche perché la sua mitologia ha raggiunto da tempo anche il pubblico del rock e l’eco stessa delle sue gesta, rimbalzando su numerosi media, si estende ben oltre i ristretti confini della fascia di pubblico abitualmente sintonizzata sulle produzioni di elettronica sperimentale.
I suoi lavori scatenano sempre inevitabili diatribe fra addetti ai lavori, pubblico e critica.
Vi è un primo cluster, quello dei sostenitori ad ogni costo, che plaudono al capolavoro per ogni disco che esce. Iindubbiamente la sua produzione resta superiore alla media, ma le chiavi di scrittura della sua musica sono ormai definite e meno rivoluzionarie di un tempo.
Poi ci sono i “detrattori” che pretendono che ogni uscita rappresenti un nuovo punto di svolta, in cerca di un ennesimo “Selected Ambient Works” o di un “Windowlicker”, ma è come esigere da Roger Waters che ogni disco sia come “The Dark Side of The Moon” o da Paul McCartney che possa incidere nuovi “Sgt. Pepper”.
Ambedue gli atteggiamenti sono frutto del percorso incostante di questo artista che nella prima parte della sua carriera, sostanzialmente negli anni ‘90, ha generato dischi di riferimento per l‘intera scena musicale e, successivamente, ha riproposto formule che aveva già sperimentato, pur restando originalissimo e decisamente al di sopra della media.
Il suo linguaggio si è consolidato ormai attorno a caratteristiche contorsioni ritmiche, flussi inarrestabili di linee di basso irregolari e ad armonie “stonate” dall’uso dei micro-intervalli, un vocabolario proprio che definisce un genere quasi autoctono che nulla ha a che vedere con i filoni consolidati di dance.
Come recentemente rilevato da un noto produttore italiano di musica elettronica, a fronte di un’innovazione lessicale rimasta ferma a due decenni fa, la musica di Aphex riesce comunque ad apparire sempre come straordinariamente “fuori dal comune” in quanto la grande attesa di rivoluzione degli schemi sonori nel gusto e nel linguaggio di massa che gli anni ‘90 avevano generato non si è in realtà mai avverata.
Nei decenni successivi le tonnellate di rivoli in cui gli stili di popular music elettronica si sono suddivisi non hanno determinato quell’evoluzione del suono che il fermento creativo di quel decennio lasciava presupporre. E’ come se le aspettative che la musica di quel decennio hanno innescato non si fossero ancora avverate.
“Collapse” non a caso contiene brani di notevole qualità formale, ma che rientrano negli standard formali del produttore inglese, ed è accompagnato da un video strepitoso di Weirdcore dal montaggio stroboscopico straniante. Alcuni dei pezzi si sono già sentiti in anteprima nelle ultime apparizioni live e non sono del tutto sconosciuti.
Come al solito i titoli sono assurdi, il contrario di qualsiasi regola che favorisca nell’ascoltatore la memorizzazione del nome del brano, che diviene riconoscibile soltanto dal suono. Il pezzo di accompagnamento del video è “T69 collapse”, un breakbeat nevrotico condito da repentini cambi di schema ritmico e di atmosfera tipico dello stile inaugurato ai tempi di “Hangable Auto Bulb”, che nella versione digitale è proposto anche una seconda volta con un timing maggiore ([durichroma] version).“1st44” utilizza un tempo spezzato e dei campioni vocali deformati che portano alle atmosfere del footwork e si ipotizza possa essere una collaborazione con Jlin o comunque ispirato a quel genere di universo sonoro.
“MT1 t29r2” è un brano dalla costruzione formale varia, che riporta ai momenti più alti di Richard.
Lo stile è comunque costante e si muove su breakbeat che mutano continuamente. Ma l’andamento della scrittura definisce una serie di sezioni in cui il brano è articolato. Inizia con una cellula melodica microtonale sul quale si articola un primo ritmo nervoso, poi nuovamente un synth basso definisce una seconda linea melodica, interrotta da un tipico synth campanelloso che dimezza il tempo.
La track prosegue su un nuovo groove che si re-interrompe sulla prima cellula melodica, la struttura del brano si ripete con una linea ritmica evoluta e nella pausa un synth basso disegna un nuovo tema.
INFO
Aphex Twin
Collapse EP
22 settembre 2018
Warp Records