Il Cristo Velato e il velo di marmo. L’arte come ossimoro Se passate da Napoli oppure se ci state andando vi suggeriamo di visitare il Museo Cappella di Sansevero dove è custodito fra i tanti tesori il Cristo Velato di Giuseppe Sammartino. Un'opera impareggiabile, uno straordinario capolavoro attorno al quale le leggende si sono moltiplicate in modo esponenziale. Quali misteri si celano sotto quel velo? Arte e magia si sono sfidate per oltre due secoli nel tentativo di darcene conto

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Cristo Velato, Giuseppe Sanmartino - Museo Cappella di Sansevero - NAPOLI

NAPOLI – Quante leggende si celano sotto il velo di marmo del Cristo Velato di Sanmartino! Il Marchese de Sade ne era affascinato, addirittura il grande Canova diceva che avrebbe dato dieci anni della sua vita per aver creato un simile capolavoro, di lui hanno parlato Matilde Serao, Hectòr Bianciotti, Rai 2, il programma televisivo Voyager e un numero imponente di turisti ogni anno rimane rapito di fronte a tanta magnificenza. Sono circolate numerose leggende al suo riguardo, si è detto di tutto di più e accompagnato dicerie alle più bizzarre sperequazioni. Ma cosa si nasconde sotto quel sudario tanto sottile che pare realizzato con la garza e non di certo con il marmo?

Il Cristo Velato è una straordinaria scultura creata nel 1753 dallo scultore Giuseppe Sanmartino su disegno di Antonio Corradini, autore al quale era stata dapprima commissionata l’opera da Raimondo di Sangro Settimo Principe di Sansevero ma che poi morì lasciando il bozzetto, eseguito non così fedelmente a quanto pare, dal Sanmartino.

Secondo l’aristocratica committenza, la statua doveva rappresentare Nostro Signore morto coperto da un velo ancor di marmo”. L’opera è talmente precisa, riuscita nel suo intento, verosimile,  straordinaria e profondamente emblematica che per almeno un paio di secoli ha alimentato, circa la sua realizzazione, le più fantasiose speculazioni.
Il principe di Sansevero che l’aveva voluta era in realtà un noto alchimista, si è detto addirittura che fosse stato maestro di Cagliostro attivo qualche decennio più tardi, massone oltre che inventore, e da questo si comprende come in realtà il personaggio recasse in sé una nota sulfurea. Si aggiunga poi che nonostante la fama del luogo in cui la statua si trova, la Cappella Sansevero, non tutti a Spaccanapoli ne conoscono l’esatta ubicazione.

Ma veniamo all’opera, la perfezione delle fattezze unita alla leggerezza del velo avevano dato adito alle più assurde fantasticherie, per anni si era addirittura creduto che il sudario fosse in realtà un velo di garza così rielaborato a seguito di un’opera di marmorizzazione frutto delle conoscenze alchemiche dello stesso principe. Studi più recenti hanno invece rivelato come il velo faccia parte di un unico blocco di marmo imprescindibile dalla statua.
Non la scienza quindi ma l’arte è la fautrice di tale raffinatissimo lavoro, così ben fatto da sembrare proprio vero.

E per me gli suddetti ducati cinquanta gli pagarete al Magnifico Giuseppe Sanmartino in conto della statua di Nostro Signore morto coperta da un velo ancor di marmo”

L’artista era riuscito a trasmettere il pathos e la sofferenza fisica che il Cristo deve aver provato al momento della Crocifissione. La perfetta aderenza del velo, sia al corpo che al viso, lascia comunque ben visibili le tracce inferte dal martirio. Non paga di ciò la diceria popolare, ma non solo quella visto che anche gli studiosi del passato non ne erano stati esenti: la perizia del principe nell’alchimia, il suo essere sperimentatore geniale, la grande cultura e gli interessi molteplici che non disdegnavano l’esoterismo, per secoli hanno surclassato l’abilità artistica del suo esecutore mettendola in secondo piano in virtù di un qualche improbabile esoterico procedimento.

La leggenda del velo “marmorizzato” resiste al tempo e alle numerose prove addottele contro. Forse perché come diceva Einstein: è più facile spezzare un atomo che un pregiudizio. In realtà se facessimo qualche passo indietro dovremmo forse comprendere le dicerie ad opera anche di persone “semplici” e riconsiderare l’aura un po’ sulfurea e misteriosa che avvolgeva il Principe e il suo operato. Partiamo col dire che il Principe era di una cultura ben superiore a quella della stragrande maggioranza dell’aristocrazia napoletana di allora, considerata a ragione rozza e piuttosto ignorante, mente brillante sin da bambino aveva dato prova di un intelletto ben al di sopra della media. Il Principe abitava in un Palazzo di fianco al quale ve n’era un altro avvolto da una fosca fama essendo già stato teatro di un terribile fatto di sangue alcuni secoli prima. Il fatto che poi il Principe si interessasse anche alla meccanica e all’anatomia – sue sono infatti due macchine che ripropongono con buona approssimazione il sistema vascolare – e se pensiamo che si era alla metà del Settecento, dovremmo essere anche più tolleranti circa il pensiero comune di allora.

Il principe operava di notte, i rumori che a quell’ora fuoriuscivano dal palazzo, le strane luci compresa quella luce particolare che allora pareva non (…) un vero lume, e simile a quello delle nostre candele o lampade, e che è durato per tre mesi e qualche giorno senza alcuna diminuzione della materia che gli serviva da alimento, gli si può dare a giusto titolo il nome di perpetuo, molto più che a quei lumi immaginari che si sono visti talvolta negli antichi sepolcri che probabilmente ardeva consumando forse un impasto composto  da fosforo e calcio, probabilmente anche gli odori strani che ne fuoriuscivano, avevano dato materiale su cui speculare all’immaginario collettivo e si sa che quando le voci iniziano a girare non si placano facilmente; di fronte poi a un capolavoro quale quello del Cristo Velato è chiaro come la fantasia avesse preso il sopravvento sulla realtà: l’opera era talmente perfetta e verosimile da ritenerla di improbabile fattura umana, troppo bella per essere vera, troppo sottile per essere di marmo quel sudario che conserva tutta la leggerezza del velo a dispetto della materia di cui è fatto.

Ecco allora spiegato come una leggenda popolare quale quella del Cristo Velato e del suo velo “marmorizzato” e non marmoreo sia potuta nascere. Non esiste miglior alchimia che non quella della creatività unita alla perizia di un artista.

La capacità di riuscire a trasformare non tanto il piombo in oro ma un blocco di marmo in un’opera di squisita fattura può lasciare davvero interdetti, specialmente se la fattura è così eccellente da non poter credere che sia stata realizzata da mano umana.

Una visita a tale capolavoro è una meta obbligata e non può prescindere da qualsiasi soggiorno, breve o lungo che sia, a maggior ragione, nel capoluogo partenopeo.

INFO

Museo Cappella di Sansevero
Via Francesco De Sanctis, 19/21,
80134 Napoli

www.museosansevero.it

 

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