Winckelmann e la Roma del settecento ai Musei Capitolini: il Tesoro di Antichità Roma celebra l’istituzione del Museo Capitolino, primo museo pubblico d'Europa, con un'importante esposizione dedicata a Johann Joachim Winckelmann, padre dell'archeologia moderna.

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Winckelmann, Il Tesoro dell'Antichità, Musei Capitolini, ROMA

ROMA – Aperta a Roma fino al 22 aprile la mostra Il Tesoro di Antichità. Winckelmann e il Museo Capitolino nella Roma del Settecento, un’esposizione che celebra Johann Joachim Winckelmann (1717-1768), fondatore della moderna archeologia e del Neo-classicismo tardo settecentesco, attraverso uno straordinario allestimento ricco di bellezza e suggestione.

La mostra Il Tesoro di Antichità. Winckelmann e il Museo Capitolino nella Roma del Settecento, promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita Culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, si inserisce nel contesto delle manifestazioni europee coordinate dalla Winckelmann Gesellschaft di Stendal, dall’Istituto Archeologico Germanico di Roma e dai Musei Vaticani in occasione di due importanti anniversari legati alla figura dello studioso tedesco: i 300 anni dalla sua nascita (2017) e i 250 anni dalla sua morte (2018).

L’allestimento, curato da Eloisa Dodero e Claudio Parisi Presicce, vuole al tempo stesso celebrare l’istituzione del Museo Capitolino nel dicembre 1733, primo museo pubblico d’Europa, destinato non solo alla conservazione ma anche alla promozione della “magnificenza e splendor di Roma”.

LA  MOSTRA

Arricchita da una selezione di 124 opere, la mostra si sviluppa in tre sedi diverse nell’ottica di una “mostra diffusa”: le Sale Espositive di Palazzo Caffarelli, le Stanze Terrene di Sinistra del Palazzo Nuovo e le Sale del Palazzo Nuovo.

Le Sale Caffarelli, sede centrale dell’evento, ospitano documenti originali, volumi, disegni, incisioni, dipinti, sculture antiche e moderne, in grado di narrare i primi anni di vita del Museo Capitolino, compresa la pubblicazione tra il 1741 e il 1755 del primo catalogo illustrato delle sculture capitoline, destinato a diffondere in Europa la conoscenza di un patrimonio inestimabile. Vedute e preziosi disegni a sanguigna realizzati dall’artista francese Hubert Robert (1733-1808) e oggi divisi tra i musei di Valence e Valenciennes e il Getty Museum di Los Angeles, documentano la Piazza del Campidoglio e i palazzi capitolini nella seconda metà del ’700. Ritratti di Pompeo Batoni (1708-1787) dal Museo del Prado e dalla Galleria Nazionale di Arte Antica di Palazzo Barberini danno un volto ai papi e alle personalità che hanno contributo all’affermazione del Museo Capitolino come centro di elaborazione culturale della Roma del tempo.

Al termine della sezione è prevista una sala immersiva che ricostruisce in forma virtuale tutti i luoghi visitati a Roma da Winckelmann, con riprese esclusive realizzate a Villa Albani Torlonia.

Nelle Stanze terrene di sinistra del Palazzo Nuovo, riaperte al pubblico per la prima volta dopo alcuni anni, sono esposte sculture solitamente oggi conservate nei depositi del museo, assieme a uno splendido tripode in marmo da Villa d’Este, un tempo importante elemento dell’arredo dell’atrio del Palazzo Nuovo e dal 1797 al Louvre, che torna a dialogare con una statua di Atena un tempo collocata di fronte a lui nell’atrio del palazzo, come rivela il raffinato disegno di Hubert Robert. La ricostruzione analogica nelle Stanze terrene è accompagnata da ricostruzioni 3D delle sale del Museo che hanno subito i cambiamenti più significativi dagli anni del soggiorno di Winckelmann a Roma.

Nelle sale del Palazzo Nuovo, infine, 30 sculture sono lette attraverso gli occhi di Winckelmann con l’obiettivo di evidenziare l’influenza esercitata dalla Storia dell’Arte e dai Monumenti Antichi Inediti – l’opera italiana di Winckelmann pubblicata nel 1767 – sull’interpretazione e la valutazione stilistica dei capolavori capitolini.

Tra i pezzi imperdibili in mostra ricordiamo i preziosi volumi scritti da Winckelmann, il primo catalogo illustrato del Museo, il busto di Adriano, le sculture egizie dei due splendidi leoni accovacciati che facevano parte della collezione Albani, il gigantesco calco dell’Antinoo del Museo Gregoriano Egizio. Inoltre le splendide vedute del Campidoglio di Hubert Robert e Piranesi.

WINCKELMANN E IL MUSEO CAPITOLINO

Il legame di Winckelmann con il Museo è assolutamente particolare fin dal suo inizio. Winckelmann nacque a Stendal da una famiglia troppo modesta per poter essere facilmente accettato nella cerchia degli studiosi di arte e realizzare il suo sogno di vedere Roma e le sue opere. Solo con grande determinazione e impegno riuscirà a guadagnarsi la strada verso l’Italia, guidato da un destino che si era già rivelato a Dresda quando, svolgendo opera di bibliotecario presso il conte della città, entra in contatto con alcune splendide sculture della collezione del cardinale Albani, vendute per far fronte ai suoi debiti di gioco. Proprio il resto di questa collezione, acquistata nel 1733 da Papa Clemente XII, diverrà la base del Museo Capitolino, voluto dal papa stesso. Come spiega Eloisa Dodero, «C’è consapevolezza, stiamo per entrare nella fase moderna del Tesoro di Antichità». Arrivato a Roma, Winckelmann trova qui un’esposizione sistematica di opere che gli permetterà di elaborare, attraverso geniali intuizioni, le teorie alla base della moderna archeologia, secondo cui un Tesoro di Antichità non è più concepito come proprietà esclusiva di pochi, ma come luogo destinato all’avanzamento culturale della società. “Vivo come un artista e come tale sono accolto nei luoghi dove ai giovani è permesso di studiare, come nel Campidoglio. Qui è il Tesoro delle antichità di Roma e qui ci si può trattenere in tutta libertà dalla mattina alla sera”, scrive Winckelmann. «Ritorna la parola libertà – continua Dodero -. Per la prima volta lo studioso vede allestita – secondo un criterio innovativo razionale – una collezione. Può studiare le statue in tutta libertà. Deve pagare una mancia qualche volta ai custodi per entrare al museo (l’ingresso al piano terra era gratuito mentre era necessario dare una piccola mancia per farsi aprire al primo piano) ma può trattenersi quanto vuole. Sembra scontato, non lo è affatto».

Il confronto tra l’allestimento settecentesco del museo e quello attuale ci sorprenderà per la sua somiglianza, insomma, se Winckelmann tornasse ora a visitare il Museo Capitolino riuscirebbe ancora ad orientarsi tra le diverse sale, a dimostrazione di come la sua razionalità fosse davvero geniale e senza tempo. Come spiega il sovrintendente Claudio Presicce «Winckelmann ha lasciato, nei suoi appunti, delle informazioni importantissime sulla storia di queste collezioni. Nei 13 anni in cui restò a Roma sviluppò attraverso i suoi studi una impostazione che è ancora alla base del nostro metodo di lavorare nella storia dell’arte». Ovviamente alcune delle sue teorie sono state superate ma rimane il primo ad aver elaborato un approccio scientifico alla storia dell’arte e, insieme al restauratore Cavaceppi, un metodo di restauro filologicamente corretto.

INFO

Il Tesoro di Antichità. Winckelmann e il Museo Capitolino nella Roma del Settecento
Musei Capitolini
(Sale Espositive di Palazzo Caffarelli, Stanze Terrene di Sinistra del Palazzo Nuovo e Sale del Palazzo Nuovo)
Dal 7 dicembre 2017 al 22 Aprile 2018 
ORARI: Tutti i giorni ore 9.30-19.30
La biglietteria chiude un’ora prima

Biglietto d’ingresso

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